Editoriali
L'accordino della Cop26 sul carbone
Cina e Stati Uniti si sfilano dal timido addio al combustibile fossile deciso da una quarantina di paesi a Glasgow. Il rischio è che lo sforzo di chi completerà prima il phase out incida poco sulle emissioni globali
Neanche questa Cop26 riuscirà ad archiviare l’età del carbone, colpevole di essere la fonte fossile con più emissioni di tutte ma anche quella da cui troppi paesi sono ancora largamente dipendenti. L’accordo annunciato ieri a Glasgow è forse l’unico che si potesse ottenere, ma è lontano dall’essere sufficiente per imprimere una svolta globale. Il primo e più importante motivo è l’assenza di Cina e Stati Uniti dalla lista dei quaranta paesi che si impegnano a non usare più questa fonte fossile, perché nella loro produzione di energia elettrica ricopre ancora un ruolo centrale: nel primo caso raggiunge il 60 per cento della quota di combustibili fossili utilizzati (pari all’87 per cento), nel secondo l’11 per cento su una percentuale di fonti fossili dell’80.
L’altro punto debole è la flessibilità sulla data del phase out. I paesi più industrializzati hanno intenzione di dare il buon esempio e completare lo spegnimento delle centrali a carbone entro il 2030 (per l’Italia non cambia niente: la Strategia energetica nazionale firmata Calenda lo prevedeva già nel 2017), gli altri si prefiggono la data del 2040. Tra questi ci sono anche Corea del sud, Indonesia, Vietnam, Polonia e Ucraina, cinque dei venti principali paesi più dipendenti dal carbone. Il rischio è che l’incredibile sforzo richiesto a queste economie abbia un effetto insufficiente sulle emissioni globali, se Cina e Stati Uniti (ma anche India e Australia) non cambieranno i loro mix energetici.
L’accordo prevede anche che le principali banche internazionali non finanzino più, già da quest’anno, progetti che prevedono l’uso di energia a carbone, mentre dal 2022 saranno sospesi tutti i finanziamenti pubblici ai combustibili fossili da parte di 25 paesi e delle loro istituzioni di finanza pubblica.
Senza queste clausole e scappatoie, difficilmente l’accordo sarebbe stato annunciato. Ma non è un passo storico, come hanno scritto i paesi riuniti a Glasgow nel comunicato. Forse è solo l’unico oggi possibile.