editoriali
L'altra concorrenza che serve
Rifiuti, trasporti. I sindaci e il coraggio che manca contro il socialismo municipale
Dunque Matteo Salvini (amarcord Papeete) ha nuovamente salvato la ghirba ai titolari di concessioni balneari e ai loro canoni ridicoli, prolungati fino al 2033 dal governo Lega-M5s. Proroga record impugnata da vari organi anche europei e che il Consiglio di stato ha appena rimpallato al governo e alla Corte di giustizia del Lussemburgo, in questo caso con esiti immaginabili. Si farà intanto una mappatura in modo che l’opinione pubblica sia informata (e poi?).
Ok: ma non sono solo i leghisti a battersi per rendite monopolistiche e protette. Per dire: i servizi pubblici in mano ai comuni, come Atac e Ama a Roma. Il governo chiede una delega per “ridefinirne la disciplina, rafforzare la qualità e l’efficienza anche mediante previsione dell’obbligo di dimostrare le ragioni del mancato ricorso al mercato, dei benefici della forma della in-house dal punto di vista finanziario e della qualità, e dei risultati delle pregresse gestioni tramite detto sistema di autoproduzione”.
Per l’Atac un referendum del 2018 promosso dai Radicali e con il tenue sostegno in extremis di Pd e Forza Italia, vide la netta vittoria della messa a gara, nonostante il no dei 5s allora bene in sella e della sinistra “larga”. Stefano Fassina, già viceministro dell’Economia del Pd, oggi in Sinistra italiana e alle ultime comunali sostenitore di Roberto Gualtieri, lanciò la campagna Abc, cioè “Atac bene comune”. Finì con il ricorso al Tar che dette ragione ai promotori e il Campidoglio che rispose con un’alzata di spalle. Che intenzioni ha il neosindaco?
Quanto all’Ama, Gualtieri prevede di decentrarla nei 15 municipi, il che parrebbe una buona idea, sennonché non una parola sugli investimenti (a parte il solito rinvio ai fondi europei) per un servizio che si trova all’anno zero. A valle della raccolta dei rifiuti c’è lo smaltimento, per il quale il governo “intende promuovere più concorrenza e incoraggiare la diffusione dell’economia circolare”. Al di là delle belle parole: il Pd vuole il modello Copenaghen, il modello Sala o un modello Raggi travestito?