Editoriali

Giorgetti smolla a Draghi il dossier concessioni balneari. Si ricomincia

Redazione

L'infinita commedia dei balneari indebolisce il ddl sulla Concorrenza. Venerdì il Cdm 

Che la situazione, di per sé abbastanza grave, stesse diventando poco seria, lo si era capito da tempo. E ora si spera che davvero, come sembra, la vicenda grottesca dei balneari possa chiudersi col Cdm di venerdì prossimo. Sempre che non succeda ciò che è avvenuto l’ultima volta: a fine dicembre. Anche lì si attendeva un vertice di governo che si preannunciava risolutivo. Sennonché alla vigilia, avvenne l’impensabile: e cioè che il ministro del Turismo, il leghista Garavaglia, indicesse al Mise, guidato dal leghista Giorgetti, un vertice per avviare un tavolo di concertazione con le rappresentanze dei concessionari balneari e discutere con loro di come mettere a gara la gestione degli stabilimenti.  E il segnale fu chiaro: il Carroccio avocò a sé, in maniera un po’ fantasiosa, il dossier balneari per evitare che fosse Palazzo Chigi a indicare la soluzione.

 

Poi, un mese e mezzo dopo, succede che Giorgetti, forse fiutando il rischio di dovere essere lui a prendere una decisione ormai improcrastinabile (ma non diciamolo troppo forte) e che sarebbe stata accolta dall’elettorato sovranista come un tradimento, ha pensato bene di restituire a Mario Draghi il dossier. Il tutto, peraltro, senza che ci sia stato alcun reale sviluppo rispetto alla soluzione che i consiglieri del premier, tra i quali Francesco Giavazzi, suggeriscono già dall’estate scorsa: e cioè una messa a gara delle concessioni balneari che però riconosca alcune tutele ai gestori attuali. E’ qui che, come s’è capito alla riunione svolta – stavolta a Palazzo Chigi – ieri, si dovrà arrivare. Con un anno di ritardo, quasi, e con un ddl sulla Concorrenza che da tutta questa fumosa polemica è stato indebolito. Come se nel frattempo non ci fosse una procedura d’infrazione da parte dell’Ue ai nostri danni. Come se nel frattempo non sia dovuto perfino intervenire il Consiglio di stato a ribadire che no, la proroga delle concessioni fino al 2033 varata dal governo Conte I non è tollerabile. Dove si dimostra che in Italia, anche nell’Italia di Draghi, la linea più breve tra due punti resta l’arabesco.