editoriali
Una rete unica aperta ai privati: la via d'uscita per evitare una débâcle per Tim
Telecom Italia, Kkr, Cassa depositi e prestiti, il governo e l’unica exit strategy per evitare il disastro
Ieri Tim ha perso fino al 15 per cento in una giornata non drammatica per la Borsa. Una performance non influenzata dalla situazione globale del settore telefonico (Vodafone, Orange e Deutsche Telekom hanno segnato ribassi decimali), che non è in crisi come l’Auto ma come l’Auto deve attrezzarsi a un futuro competitivo, con investimenti, consolidamenti e utili (Stellantis insegna). E soprattutto con strategie conseguenti. Ma la mancanza di strategie, assieme a conti 2021 disastrosi, rischia di inabissare l’ex monopolista.
L’ad Pietro Labriola insediato su input della Cassa depositi e prestiti, che ha il 9,8 per cento delle azioni, e il consenso del socio francese di maggioranza Vivendi (23,7), ha presentato un bilancio in perdita di 8,7 miliardi e debiti netti di 17,6. L’azienda ha investito per 4,6 miliardi: ma non basta in un mercato sempre più concorrenziale. Labriola ha annunciato la separazione tra rete e servizi in due aziende, Netco e Servco. Scelta obbligata. Ma con quali azionisti, alleati e registi?
Per la rete in fibra il Tesoro ha creato un’altra azienda, Open Fiber, inizialmente tutta pubblica con Cdp e Enel, poi Enel è uscita lasciando Cdp al 60 per cento e il fondo Macquaire al 40. Che cosa fa il Tesoro in due entità concorrenti sullo stesso business? OF è più profittevole di Tim, cui nuocciono le porte girevoli di acquirenti veri o promessi, da Elliott a Kkr, mentre Vivendi accetta lo scorporo della rete se ne mantiene la proprietà. Ma perché il Tesoro controlli un’infrastruttura strategica non è detto che ne abbia tutto il capitale o la maggioranza.. Il passo più urgente è un’uscita onorevole da Tim, restando con il minimo per garantirsi la golden share. Che non essendo stata usata all’epoca della privatizzazione dal governo D’Alema, ora va esercitata o a suon di miliardi o con il soft power di Palazzo Chigi. La terza via per evitare altre débâcle ci sarebbe: una rete unica aperta ai privati, con un nocciolo pubblico cui intestare la golden share, ottenibile fondendo la quota di Cdp con quella di Open Fiber. E tutto il resto al mercato.