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I numeri

Colmare il gap nel lavoro. Dati e idee

Redazione

Imprese a corto di personale e giovani a spasso. Appunti da uno studio di Confartigianato che ha analizzato la distanza tra domanda e offerta

Imprese a corto di personale e giovani a spasso. E’ il paradosso del mercato del lavoro italiano che vede le nostre aziende in difficoltà a trovare il 52 per cento della necessaria manodopera qualificata. Nel frattempo, nel 2020, 1,1 milione di giovani under 35 non studia e non cerca occupazione e 40 mila giovani tra 25 e 34 anni sono espatriati per trovare lavoro. Il gap tra domanda e offerta di lavoro è stato analizzato da Confartigianato in un rapporto presentato ieri a Roma, alla Convention dei Giovani imprenditori di Confartigianato dal titolo “2022. Tocca a noi”, alla presenza del ministro per le Politiche giovanili Fabiana Dadone. Secondo la rilevazione di Confartigianato, la distanza dei ragazzi italiani dal mondo del lavoro colloca il nostro paese al primo posto nella Ue per la maggiore percentuale di Neet, pari al 23,1 per cento, sul totale dei giovani tra 15 e 29 anni. La media europea si attesta, invece, al 13,1 per cento. Addirittura, nel 2020, abbiamo toccato il numero più alto nell’ultimo decennio di under 35 inattivi che non studiano e non sono disponibili a lavorare: ben 1.114.000. A livello regionale, la percentuale più alta di Neet si riscontra in Sicilia con il 36,3 per cento sul totale dei giovani tra 15 e 29 anni. Seguono la Campania (34,1 per cento), la Calabria (33,5), la Puglia (30,6) e il Molise (27,7 per cento). All’altro capo della classifica la provincia autonoma di Bolzano (13,3 per cento), il Veneto (13,9 per cento), l’Emilia Romagna (15,1 per cento). 


Non brilliamo nemmeno per l’integrazione tra scuola e lavoro: siamo infatti al 22° posto in Europa per la quota di occupati under 30 impegnati in percorsi formativi, con appena il 5,2 per cento dei giovani di questa fascia di età, mentre in Europa si arriva a una media del 15,2 per cento e in Germania addirittura si sale al 24,4 per cento. Contemporaneamente cresce il fenomeno della fuga all’estero dei nostri giovani; tra il 2016 e il 2020, tra i giovani italiani under 40 laureati, gli espatri superano i ritorni in Italia di 65 mila unità.


Il rapporto di Confartigianato mette anche in evidenza la voglia di fare impresa dei giovani italiani che ci fa guadagnare il record positivo di paese europeo con il maggior numero di imprenditori e lavoratori autonomi under 35: ben 694 mila e sono 123.321 le imprese artigiane con a capo un under 35. E sono proprio i giovani artigiani quelli che mostrano una maggior propensione a reagire alla crisi provocata dalla pandemia e ora all’impatto sull’economia del conflitto in Ucraina e a voler adottare cambiamenti per restare protagonisti del mercato di oggi e di domani. Secondo Confartigianato, le azioni di sviluppo verso cui sono maggiormente orientati sono: l’attivazione di nuovi canali di vendita, la produzione di nuovi prodotti e l’offerta di nuovi servizi e il miglioramento della qualità del personale. 


Ma i giovani imprenditori devono fare i conti proprio con le difficoltà a reperire manodopera specializzata e qualificata soprattutto tra i loro coetanei. Nel 2021, infatti, le aziende hanno difficoltà a trovare 295 mila under 30 con competenze digitali e 341 mila under 30 con competenze green. “Vogliamo un’Italia a misura di giovani e di piccola impresa – sostiene il presidente di Confartigianato Marco Granelli – con riforme che liberino energie e talenti, accrescano le competenze, migliorino l’efficienza dei servizi pubblici, eliminino ostacoli e oneri fiscali e burocratici. Solo investendo sulle nuove generazioni e sulla loro formazione possiamo garantire futuro al made in Italy”.


“Il nostro rapporto – sottolinea Davide Peli, presidente dei Giovani imprenditori di Confartigianato – mette in luce l’urgenza di cambiare passo nelle politiche giovanili. Il futuro è già oggi. Quindi servono interventi immediati per ridurre il gap tra scuola, sistema della formazione e mondo del lavoro, investimenti per favorire il passaggio generazionale nelle imprese, sostegni per i giovani che si mettono in proprio soprattutto sul fronte dell’innovazione, della ricerca e dell’internazionalizzazione”.
Una sfida notevole per le imprese guidate da giovani che operano in un’era caratterizzata da non poche turbolenze. In meno di un quarto di secolo si sono susseguite dieci gravi crisi. Dalla crisi terroristica (2001) alla grande crisi nata dalla finanza e diffusa all’economia reale (2008-2009), seguita dalla crisi del debito sovrano (2011-2013), la prima fase della crisi russo-ucraina (2014), la pandemia globale (2020), le strozzature lungo le filiere globali e l’escalation dei prezzi delle commodities (2020-2021), lo scoppio della crisi energetica (2021) per arrivare all’invasione dell’Ucraina (2022). Siamo passati dal “secolo breve” al “secolo dell’incertezza”. 

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