editoriali
Il Green Deal va in pezzi. La maggioranza Ursula si spacca sulla quota di emissioni
Sui limiti alla produzione di Co2 a livello europeo passa un emendamento di liberali e popolari, i socialisti puntano sull'ideologia e rimangono con niente in mano. Via libera al divieto di vendere auto a motore e combustione dal 2035
All’improvviso è diventato chiaro quanto sarà difficile e caotico trovare un accordo nell’Unione europea sul Green deal e le misure necessarie a tagliare le emissioni del 55 per cento entro il 2030 per arrivare alla neutralità climatica nel 2050. Il Parlamento europeo doveva approvare la sua posizione negoziale su “Fit for 55”, il pacchetto di misure presentato dalla Commissione per mettere in pratica gli obiettivi del Green deal. C’è stato il via libera al divieto di vendere auto a motore a combustione nel 2035. Ma la riforma del sistema dello scambio di emissioni Ets ha subìto una clamorosa bocciatura per mano di una strana alleanza tra la sinistra europeista e l’estrema destra. A far scoppiare il caos è stato un emendamento sulla fine progressiva delle quote di emissioni gratuite per le industrie più inquinanti, in concomitanza con l’entrata in vigore del meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (come viene chiamata nell’Ue la carbon tax).
La sinistra avrebbe voluto un’uscita tra il 2026 e il 2032, ma alla fine è passato un emendamento dei liberali e dei popolari per rinviare al 2028-34. Socialisti e Verdi erano insoddisfatti perché non sufficientemente ambizioso. Sovranisti e antieuropeisti consideravano il testo finale (come tutti quelli del Green deal) troppo costoso per l’economia. Tra le delegazioni italiane, il Pd si è spaccato e il M5s si è astenuto. La riforma del sistema Ets è tornata in commissione parlamentare, così come altri due testi fondamentali di “Fit for 55”: l’introduzione del meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera e la creazione di un Fondo sociale climatico.
Nei prossimi giorni i grandi gruppi cercheranno un compromesso per votare al più presto i tre provvedimenti, prima di iniziare negoziati altrettanto difficili con i governi. Ma quanto accaduto mostra i limiti della maggioranza Ursula: di fronte a una scelta pragmatica di liberali e popolari, i socialisti hanno preferito l’ideologia. E l’ideologia è una pessima guida quando si fanno i conti con i costi del Green deal.