Le conseguenze
Cosa rischia l'industria dell'auto per lo stop a diesel e benzina
Il voto del Parlamento europeo mette in discussione 70mila posti di lavoro e 450 imprese solo in Italia. I numeri del settore
Il pacchetto “Fit for 55”, che delibera lo stop dal 2035 alle immatricolazioni di automobili con motore endotermico (benzina, diesel, ibride) avrà implicazioni importanti sul tessuto industriale dei diversi stati europei, Italia in primis. Nel nostro paese gran parte dell’industria dell’automotive è rappresentata dalla componentistica, che lavora non solo per gli stabilimenti Stellantis ma anche per molti costruttori tedeschi e francesi.
Anfia, l’associazione l’associazione delle imprese della filiera automotive, parla di 70 mila posti di lavoro a rischio a causa dell’introduzione del pacchetto (in tutto il settore ne garantisce 161 mila). Perché se per costruire un motore termico sono necessarie 100 persone, per realizzarne uno elettrico ne bastano 25. I tre quarti degli attuali addetti diventano inutili. Questo non vale solo per il montaggio finale dei propulsori ma per l’intera filiera della produzione dei motori. Iniettori, pistoni, cilindri non servono più, il cuore dell’auto elettrica diventa la batteria.
Sempre Anfia stima in circa 450 le imprese più esposte perché operative quasi esclusivamente su produzioni legate ai motori tradizionali. Il presidente dell’associazione, Paolo Scudieri, dice al Sole24ore di essere fortemente deluso dalla decisione: “È giusto identificare obiettivi per la decarbonizzazione come ha fatto l’Ue, è un errore invece imporre una unica tecnologia per arrivarci. Parte della filiera italiana soffrirà di questa decisione e la posizione di Anfia è di dare voce alle aziende più in difficoltà. Allo stesso tempo però è importante per noi stimolare le imprese a investire sulle nuove tecnologie per conquistare spazi in un mondo, quello della componentistica auto, in fortissima trasformazione”. È dello stesso avviso Luca De Meo, ceo di Renault, che parlando dalle colonne del Corriere della Sera dice che “sarebbe stato meglio spostare la data al 2040 perché quasi tutti noi produttori abbiamo lanciato modelli ibridi negli ultimi 3-4 anni e servono due cicli per ammortizzarli. Ma i fornitori devono trasformarsi per prepararsi all’elettrico”. Marco Bonometti, presidente del Gruppo Omr di Brescia, sempre sul Sole24ore, usa parole ancora più forti e definisce “un disastro” la decisione europea: “Si tratta di una mazzata all’industria europea dell’auto e soprattutto ai componentisti”.
Nel pacchetto “Fit for 55” è stato però approvato un emendamento bipartisan, sostenuto da diversi eurodeputati italiani, che punta a concedere una deroga fino al 2036 per le case automobilistiche che producono fino a 10 mila mezzi l’anno, una mossa per cercare di salvare la produzione di supercar nella Motor Valley emiliana e i marchi come Ferrari o Lamborghini.