Editoriali
Altro che Uber. I metodi violenti dei tassisti per bloccare la concorrenza
Lobbying sulla politica, scioperi selvaggi, manifestazioni violente: così i taxi difendono i propri privilegi. Ma si indignano per l'inchiesta del Guardian sulla multinazionale americana
Oggi i tassisti hanno improvvisato uno sciopero non autorizzato, paralizzando le principali città italiane. A Napoli hanno invaso piazza del Plebiscito, a Torino hanno occupato piazza Vittorio Veneto, a Roma hanno inscenato una manifestazione – sempre illegale – con esplosione di petardi e fumogeni diretta a Palazzo Chigi ma fermata dalle forze dell’ordine.
Ieri in diverse città c’era stata un’analoga sospensione selvaggia del servizio. I tassisti protestano contro l’art. 10 del ddl Concorrenza, che punta a introdurre elementi di competizione e modernizzazione in un mercato ingessato. Ma la loro opposizione è ingiustificabile nel merito e, soprattutto, nel metodo. In primo luogo il ddl Concorrenza non promuove affatto una “liberalizzazione selvaggia”, ma è un tentativo minimo di aprire un settore chiuso e di aggiornare una regolamentazione ferma al 1992, quando non esistevano i telefonini, ad esempio per adeguare l’offerta all’uso delle app. Non c’è ragione per opporsi se non la tutela di piccoli interessi particolari. Ma la questione più grave è di merito: i tassisti sostengono di voler difendere la loro funzione di “servizio pubblico”, ma lo fanno violando la legge sugli scioperi e tenendo in ostaggio le città negando proprio quel “servizio pubblico” che sono obbligati a fornire. E’ un metodo incivile che andrebbe sanzionato.
La protesta si è accesa in questi giorni anche per la pubblicazione degli “Uber files”, l’inchiesta del Guardian sui metodi aggressivi con cui la multinazionale americana ha portato avanti una campagna di lobbying nei confronti dei governi per rompere il monopolio dei taxi. Beh, il comportamento dell’ex ceo Travis Kalanick non è stato limpido e corretto, ma per decenni i taxi hanno fatto esattamente le stesse cose e anche peggio: lobbying sulla politica, scioperi selvaggi, manifestazioni violente. E sono stati ben più efficaci e potenti di Uber se in Italia la legge è la stessa dal 1992 e per trent’anni tutti i tentativi di riforma, da Bersani nel 2006 a Monti nel 2012, sono falliti. Si spera che questo governo non si pieghi al ricatto dei taxi.