Editoriale
Il prezzo della parità euro-dollaro
La svalutazione non è solo negativa, ma la situazione è delicata: bisogna sperare che lo stesso valore delle due valute bilanci il costo delle importazioni con gli utili provenienti dall'export extraeuropeo
Un anno fa erano tutti preoccupati: l’euro è troppo forte, si diceva, con un cambio di 1,25 rispetto al dollaro c’è un rischio serio per paesi esportatori come l’Italia e la Germania. I beni tedeschi sono meno dipendenti dal prezzo rispetto a quelli italiani, dunque, attenti che il super euro non comprometta il boom post pandemia. Un anno dopo, s’odono nuovi lamenti, che vanno in senso opposto. La valuta europea ha raggiunto proprio ieri la parità con quella americana, grazie alla carica di un dollaro spinto dal rialzo dei tassi d’interesse, ma anche da un chiaro effetto rifugio. Mentre i geopolitici di ogni ordine e grado pontificano sull’alleanza tra la moneta del popolo (il renminbi cinese) e la moneta dello zar (il rublo russo) banche, società finanziarie e risparmiatori si riempiono di biglietti verdi. L’America è sempre l’America, per quanto criticata, esecrata, svillaneggiata, resta l’unica superpotenza a tutto campo, militare, economico e, Donald Trump permettendo, anche politico. La battaglia delle valute per ora è vinta. In futuro si vedrà.
Eppure si levano alti lai. Poveri turisti italiani, dovranno pagare di più i loro alberghi a stelle e strisce. Vero. Ma gli americani che hanno praticamente invaso Roma, Milano e le coste come prima più di prima della pandemia, ci portano bei bigliettoni dello Zio Sam. L’impatto sul pil non va sottovalutato, tuttavia è francamente modesto rispetto a quello sulle importazioni e sulle esportazioni. L’import di materie prime denominate in dollari sarà più caro, anche se il petrolio è in discesa dai 125 dollari al barile di un mese fa, ai 102 dollari di ieri. Nello stesso tempo, un euro più debole avvantaggia la vendita di manufatti italiani. Solo fra sei mesi si potrà capire quale dei due fattori avrà prevalso. Negli ultimi anni l’Italia ha accumulato un consistente sovrappiù della bilancia corrente. In Europa è diventato il terzo in rapporto al pil dopo l’Olanda e la Germania, meglio della Spagna, mentre la Francia ha fatto registrare un continuo squilibrio. Nel mondo l’Italia ha tenuto testa al Giappone e in alcune fasi persino alla Cina, in netto rallentamento rispetto al primo decennio di questo secolo. La pandemia ha ridimensionato, non fermato il boom. Le esportazioni si dirigono, come sappiamo, soprattutto verso l’area euro a cominciare da Germania e Francia, ma un contributo fondamentale è venuto dall’Asia (soprattutto la Cina) e dall’America (in primo luogo gli Stati Uniti). Se è così, dobbiamo sperare che la parità euro-dollaro consenta di bilanciare il costo delle importazioni con gli utili provenienti dall’export extraeuropeo. Secondo la Coldiretti, “con un balzo del 19 per cento è record storico per le esportazioni agroalimentari made in Italy nel 2022, e un terzo del valore viene realizzato fuori dalla Ue”. C’è qualcuno che non si lamenta.
Attenti, insomma, a non piangere sull’euro versato. Un po’ di svalutazione può far bene, così come un po’ d’inflazione. Naturalmente in questa fase esiste il rischio concreto che tutto sfugga di mano, che una moneta troppo debole gonfi i prezzi e inneschi una spirale salariale, mentre dall’altro capo dell’Atlantico un’eccessiva rivalutazione può spegnere anche la crescita che, nonostante gli allarmi sulla recessione prossima ventura, continua. L’industria e i servizi aumentano i posti di lavoro e gli Stati Uniti sono prossimi al pieno impiego, tuttavia è una congiuntura da monitorare e manovrare con cura. Un’eventuale recessione americana potrebbe creare una drastica svolta nelle aspettative economiche, scaricandosi su un’Europa che sta facendo i conti con le conseguenze del sostegno all’Ucraina. E’ il prezzo della libertà, anche se cominciano a essere numerosi quelli che non lo vogliono pagare. Camminiamo tutti su un filo sottile, chi ha l’euro in portafoglio così come chi possiede dollari. Tuttavia è deprimente questa lamentela continua, sia quando le cose vanno in un senso sia quando la realtà si muove in senso opposto. I media in fondo non sono così diversi dalla goldoniana bottega del caffè, solo che, sommersi dalle chiacchiere, perdono spesso il senso della realtà.
tra debito e crescita