EDITORIALI
La dura legge del carbone: indispensabile e sempre più caro
Da oggi comincia l'embargo europeo al carbone russo. Il prezzo, già molto alto, potrebbe risentirne ancora e coinvolgere anche le bollette
Da oggi l’Unione europea non acquisterà più carbone dalla Russia, come stabilito dal quinto pacchetto di sanzioni adottato lo scorso aprile. Per Bruxelles significa sostituire circa la metà del combustibile che importa cercando rifornimenti da altri mercati come gli Stati Uniti e l’Australia, ma anche l’Indonesia, il Sudafrica e la Colombia. Il problema, osservano diversi analisti, non sarà tanto quello di reperire nuovi carichi quanto quello di un ulteriore aumento del prezzo, almeno nel breve periodo. Dopo aver superato quota 425 dollari, oggi una tonnellata di carbone si attesta intorno ai 360 dollari, mentre alla vigilia del conflitto il prezzo era di circa 220. Eppure l’Europa non potrà farne a meno: da quando Bruxelles cerca di risparmiare gas russo, il carbone si è rivelato indispensabile per la sicurezza energetica del continente. Anche l’Italia ha deciso di usarne di più e con questo aumento conta di sostituire 1,1 miliardi di metri cubi di gas russo nel secondo semestre e altri 2,3 miliardi nel 2023.
D’altronde non c’erano alternative più sostenibili. La produzione di energia è al centro di una tempesta perfetta: non solo il conflitto e l’uso politico del gas da parte di Putin, ma anche le condizioni meteorologiche avverse. La siccità ha assetato le centrali idroelettriche, che in Italia rappresentano la prima fonte di energia pulita, causando più di una difficoltà anche alle centrali termoelettriche. In Francia gli effetti si vedono su quelle nucleari, come ha avvertito Électricité de France (Edf).
Questi eventi si trasformano inevitabilmente in tensioni sui mercati e spingono i prezzi, che in ultima analisi si riflettono sulle bollette. Il governo italiano ha già stanziato molto per calmierare gli effetti sulle famiglie, ma il rischio, dopo le misure introdotte con l’ultimo decreto Aiuti, è che i rincari gravino solo sulle compagnie energetiche che non potranno più adeguare le condizioni commerciali al mutare dei prezzi all’ingrosso. Scaricare questo peso sulle spalle degli operatori, già chiamati a versare gli extraprofitti, rischia di rivelarsi un boomerang.