Editoriali
Il price cap, la lettera di quindici paesi europei e quei passaggi che mancano
L'Italia e altri undici paesi chiedono ancora di introdurre un tetto al prezzo del gas. Ma si astengono alcuni pesi massimi dell'Unione, ovvero Germania e Olanda
Torna in azione il blocco dei 15 paesi dell’Ue, compresa l’Italia (per alcuni aspetti con un ruolo di guida), intenzionati a cambiare il modo di affrontare la questione degli approvvigionamenti energetici e il rapporto con la Russia, con una forte richiesta perché venga posto un tetto al prezzo al quale gli europei acquistano il gas. Una scelta possibile grazie alla forza che deriva dal coordinamento tra i maggiori compratori mondiali, dominanti in un mercato fatto di pochi fornitori e pochi acquirenti. Hanno scritto una lettera, oltre all’Italia, Francia, Polonia, Lituania, Lettonia, Belgio, Spagna, Portogallo, Grecia, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Croazia, Romania e Malta.
Spicca l’assenza nel gruppo dei pesi massimi Germania e Olanda. È un fatto politico rilevante, perché testimonia del perdurare delle resistenze del fronte del nord alle richieste avanzate dalla maggioranza degli stati membri. Sono d'altronde noti i timori e la prudenza dei tedeschi di fronte al rischio di razionamento dell’energia. Si tengono fuori dallo schieramento favorevole al price cap anche i Paesi Bassi. La pressione dei 12 dovrebbe, però, essere sufficiente a portare la decisione sul tetto al prezzo al Consiglio europeo straordinario sull’energia del 30 settembre, mentre la Commissione deciderà il 4 ottobre (con un piccolo rinvio).
Probabilmente è bastato l’annuncio dell’iniziativa (oltre ai piani di riduzione nazionale dei consumi) per indurre la Russia a forzare la mano, in un tentativo estremo, con il danneggiamento doloso di Nord Stream. Al rischio di blocco immediato delle forniture, che spaventa particolarmente i tedeschi, rispondono gli Usa con una specie di whatever it takes dei mercati energetici. Sul mercato il prezzo è risalito rapidamente sopra ai 200 euro per megawattora, ma gli altissimi stoccaggi europei (l’Italia è sopra al 90 per cento e non corre rischi di razionamento per il 2023) e l’impegno deciso degli americani ne hanno fermato il rialzo. Europeismo e atlantismo. La crisi del gas, oggi, si può risolvere solo così.