editoriali
L'eredità economica di Mario Draghi
Pil su, debito giù, Pnrr impostato. Ma il contesto globale sta cambiando
L’Ocse rivede al rialzo la crescita dell’Italia per il 2022 al +3,4 per cento, un dato superiore a quello di Francia e Germania, ma taglia le stime per il 2023 al +0,4 per cento. Si tratta di dati più bassi rispetto a quelli previsti dal Mef (per il 2022 c’è già un +3,5 acquisito e il terzo trimestre dovrebbe essere in territorio positivo e anche per il 2023 si prevede qualcosa in più), ma di certo l’anno che verrà sarà più complicato dei precedenti. Anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha parlato di un sostanziale rallentamento dell’economia dell’Eurozona nei prossimi mesi, tagliando le previsioni per il 2023 al +0,9 per cento.
Ma qual è in questo contesto l’eredità che Draghi lascia a Giorgia Meloni? C’è sicuramente un paese con una crescita vivacissima negli ultimi due anni, sorprendente se paragonata alle difficoltà di altre economie manifatturiere come la Germania, che ha recuperato il livello del pil pre-pandemia con un anno di anticipo. Il debito pubblico, a fine anno, dovrebbe scendere al 145 per cento del pil, 10 punti in meno al 155 per cento del 2020, con la caduta del debito più rapida della storia del paese. Draghi lascia anche un Pnrr già impostato, che dovrà essere portato a termine nei prossimi anni per alzare il tasso di crescita del paese.
Oltre all’uscita dalla pandemia, il governo uscente è riuscito anche a gestire le difficoltà della crisi energetica stanziando sostegni a famiglie e imprese senza fare scostamenti di bilancio, nonostante le ripetute richieste della sua maggioranza. L’Italia ha speso quasi 60 miliardi, oltre 3 punti di pil, oltre la media europea, senza discostarsi dagli obiettivi di bilancio. La mole di questi aiuti, abbastanza generalizzati, non è più sostenibile con la crescita in frenata. Sarà necessario passare a misure più selettive. Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco lasciano quindi un’economia in buona salute, un Pnrr impostato e conti in ordine, ma in uno scenario globale che si va deteriorando. Chi prenderà il loro posto dovrà fare delle scelte e, probabilmente, ridimensionare le promesse elettorali.