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Editoriali

Il Pil e il costo minore del gas obbligano Meloni a correre

Redazione

L'Istat certifica una crescita dello 0,5 per cento nell’ultimo trimestre (grazie a Draghi). Intanto Nomisma fa sapere che il rincaro per le prossime bollette sarà del 5 per cento, contro una previsione del 70. Tradotto: un cospicuo tesoretto a disposizione del nuovo governo

Tutti positivamente stupiti, persino il Sole 24 Ore (“pil a sorpresa”) per i dati dell’Istat che hanno certificato una crescita del pil italiano nell’ultimo trimestre dello 0,5 per cento, con una crescita acquisita del 3,9 per cento. L’Italia ha fatto, in questo difficile 2022, meglio di Germania, Francia e Spagna. Ci sono due evidenze che non possono non essere segnalate. La prima, è che le previsioni di catastrofe di tanti avversari del governo Draghi (cioè, in fondo, dell’Europa) sono state smentite dai numeri. La seconda è che a Mario Draghi va ancora una volta, ancora di più, un ringraziamento da parte dell’Italia per come ha saputo guidarla, con mano ferma e sguardo lungo, e per come ha saputo utilizzare bene i 62 e passa miliardi di euro messi nei sostegni per l’economia. Senza la sua guida, oggi il governo di Giorgia Meloni, che per la prima volta giovedì  incontrerà i vertici dell’Europa – Roberta Metsola,  Ursula von der Leyen e Charles Michel – si troverebbe in condizioni peggiori e di maggiore debolezza nei confronti dei partner continentali.

C’è infine un ultimo “ragalo”, non di Draghi ma al quale il lavoro europeo dell’ex premier non è estraneo, e lo ha segnalato ieri il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli: nelle bollette in arrivo l’aumento del costo del gas sarà intorno al 5 per cento, contro una previsione che era del 70 per cento. Tutto questo si traduce, oltre che in una boccata di ottimismo per quanto condizionato (l’inflazione, l’incertezza dei mercati), in un cospicuo tesoretto, di qualche miliardo di euro, a disposizione del governo Meloni da poter spendere negli aiuti immediati all’economia e alle famiglie. Un’urgenza che si aggira complessivamente già ora sui 20 miliardi, e che certo l’inaspettato surplus di bilancio non può colmare. Ma l’indicazione è chiara, inesorabile: avere i conti messi un po’ meglio, e una prospettiva di crescita anziché di crisi, rende obbligatorio per il governo agire subito sugli interventi strutturali: attuazione del Pnrr, infrastrutture, digitalizzazione. Non c’è più spazio per il piagnisteo. C’è da lavorare in fretta.

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