editoriali
Mps c'è, contro tutti i pronostici
Dopo la frenata, l’aumento di capitale va. Lezioni di mercato per Meloni e Salvini
Con una quota di inoptato di soli 65-70 milioni (su 2,5 miliardi di euro) sta per andare in porto l’aumento di capitale di Montepaschi. Contro tutti i pronostici. Vero è che l’azionista di controllo, il Mef, ha dovuto esercitare un certo pressing su un’ampia platea di soggetti parastatali, fondazioni bancarie ed enti previdenziali, per arrivare a chiudere l’operazione incerta fino a pochi giorni fa ma alla fine ci è riuscito raggiungendo il 98 per cento delle sottoscrizioni, secondo le ultime stime. Accanto a investitori finanziari, come Axa e Anima, sono stati coinvolti imprenditori privati, quali lo svizzero Denis Dumont e l’italiano Andrea Pignataro, e poi, quando all’appello mancavano ancora 3-400 milioni, la moral suasion del Mef si è fatta sentire a tutto campo sui soggetti che hanno un radicamento nel sistema economico e territoriale, come le Casse di previdenza, piccole e grandi, che hanno versato anche pochi milioni di euro.
Al Tesoro ci dovrebbe essere soddisfazione perché se oggi Mps ha una prospettiva di rilancio è grazie a questa operazione di sistema che la renderà più solida e appetibile agli occhi di potenziali partner. Soddisfatto dovrebbe essere anche il capo del dicastero, Giancarlo Giorgetti, anche se non potrà manifestarlo troppo apertamente considerato che il suo partito, la Lega, è stato, insieme con Fratelli d’Italia, la cui leader è il capo del governo, tra i maggiori oppositori della privatizzazione di Mps. Lo scorso agosto Matteo Salvini e Claudio Borghi dicevano che se avessero vinto le elezioni avrebbero gestito la cosa a modo loro.
Come? Non si è mai saputo. Ma, si sa, stare al governo e fare campagna elettorale sono cose molto diverse e se oggi il governo Meloni eredita una banca per metà risanata è grazie al percorso impostato da Mario Draghi e realizzato dal suo braccio destro Daniele Franco e dall’ad di Mps, Luigi Lovaglio, con l’aiuto di uno storico dirigente del Mef come Alessandro Rivera, anch’egli non troppo nelle grazie del governo di centrodestra. Ma c’è sempre tempo per cambiare idea quando i fatti sono evidenti.