editoriali
Tim impigliata nel caos della rete
L’azienda delle telecomunicazioni ha un futuro incerto, reso più oscuro delle confuse parole di Butti
Mentre Vodafone con il cambio di ceo (Margherita Della Valle al posto di Nick Read) ha avviato una svolta dopo un anno turbolento, Telecom Italia continua a navigare nell’incertezza. Non hanno aiutato i tentativi (vedi l’intervista a Milano Finanza) del sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti, di fare chiarezza sul suo futuro. Anzi la situazione è, se possibile, più confusa di prima. A sottolinearlo sono gli analisti finanziari che lamentano il vago impegno del governo Meloni di trovare una soluzione entro fine anno, mentre la mancanza di un indirizzo strategico è avvertita dagli investitori che continuano a penalizzare il titolo in Borsa. In proposito, è interessante notare come Nick Read sia stato indotto a fare un passo indietro anche per il calo del prezzo delle azioni Vodafone negli ultimi quattro anni sotto la sua guida (-42 per cento).
Poi, certo, c’è tutta la questione Iliad che va gestita (la società francese è diventata da poco azionista di minoranza di Vodafone ma si è vista bocciare la proposta per l’acquisto delle attività italiane) e bisognerà anche decidere quali asset dismettere per abbattere il debito. Ma la scelta di una veterana delle Tlc come Della Valle dovrebbe tranquillizzare gli investitori. Lo stesso non si può dire per Tim, che nell’ultimo anno ha perso il 55 per cento in Borsa mentre negli ultimi cinque il calo è pari al 75 per cento. Tra le varie cose, Butti ha precisato che l’ipotesi di un’Opa totalitaria di Cdp su Tim non è mai stata in discussione (senza spiegare allora, però, a cosa si riferisse quando ha evocato il “progetto Minerva” che prevede questa ipotesi) e allo stesso tempo ha affermato, nell’ordine, che sono i vincoli Antitrust a ostacolare la rete unica, che la sua preferenza è per mantenere “un’unica azienda” ma anche “magari separando la rete dai servizi”, e che c’è la volontà di avere una “rete gestita certamente dallo stato, che però non significa nazionalizzare la rete”. Non c’è da sorprendersi se il mercato sia disorientato. Resta solo da capire se sia l’esito voluto o inintenzionale delle uscite di Butti.