Editoriali
L'accordo europeo: chi inquina paga. Una rivoluzione rischiosa
Il sistema di scambio di emissioni Ets è un pilastro del "Fit for 55". Ci sono alcune salvaguardie. Il governo Meloni ha due scelte: opporsi a Bruxelles o preparare il paese al cambiamento
I negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo nel fine settimana hanno trovato un accordo per la riforma del Sistema di scambio di emissioni Ets, uno dei pilastri del pacchetto “Fit for 55” che deve permettere all’Ue di tagliare le emissioni del 55 per cento entro il 2030. L’Ets funziona in base al principio che chi inquina di più con la CO2 paga di più. Secondo l’intesa, i settori coperti dall’attuale meccanismo Ets dovranno ridurre le emissioni del 62 per cento rispetto ai livelli del 2005. L’accordo prevede di uscire gradualmente dai permessi gratuiti per i settori energivori coperti dalla carbon tax alla frontiera.
Una delle principali novità è la creazione di un sistema Ets 2 parallelo, con il quale far pagare le emissioni di immobili e trasporti anche a piccole e medie imprese e famiglie. L’Ets 2 inizialmente era stato osteggiato dal Parlamento europeo e da alcuni paesi preoccupati di una rivolta stile Gilet gialli in tutta l’Ue. Alla fine hanno ceduto a Germania, Francia e Austria, che hanno già un Ets 2 a livello nazionale.
Ci sono alcune salvaguardie, come un tetto a 45 euro a tonnellata di CO2 per l’Ets 2 o la creazione di un Fondo sociale climatico per i più vulnerabili. Secondo l’eurodeputato Pascal Canfin, il costo aggiuntivo del carburante sarà “al massimo” di 10 centesimi al litro. Ma una tassa in più su chi non ha l’auto elettrica o un nuovo impianto di riscaldamento rischia di alienare le classi medie e popolari che non possono permettersi una Tesla o pompe di calore.
Per l’Italia la sfida riguarda anche le Pmi. “Se nei prossimi 4 anni decarbonizzeranno, andrà tutto bene”, altrimenti avranno “una vita difficile”, ha avvertito l’eurodeputato, Peter Liese. Il governo Meloni è di fronte a un dilemma: organizzare una complicata opposizione a Bruxelles oppure preparare il paese alla rivoluzione Ets 2. Il rischio è che si limiti solo a dare la colpa all’Ue.