editoriali
Il crollo di Credit Suisse dopo Svb è una lezione di realismo anche per la Bce
La banca svizzera ha perso il 30 per cento trascinando al ribasso i titoli di tutti gli istituti di credito. Si apre un fronte di preoccupazione anche per l'Eurotower: dia prova di saggia moderazione
Silicon Valley chiama Svizzera e un brivido scorre per le borse mondiali. Nessuno immaginava che il pericolo potesse venire proprio dalla repubblica elvetica per oltre un secolo sinonimo di solidità e sicurezza bancaria, almeno finché manteneva il segreto. Oggi che i libri sono aperti, le magagne vengono fuori. E’ quel che sta accadendo al Credit Suisse. Oggi alla Borsa di Zurigo ha perso il 30 per cento, trascinando al ribasso i titoli di tutte le banche (l’indice Ftse delle banche italiane è sceso del 7,6). La Bce ha chiesto alle banche dati sulla loro esposizione presso il Credit Suisse. La bomba è scoppiata quando l’azionista numero uno, la Saudi National Bank (Snb), ha dichiarato che non fornirà altra liquidità non potendo salire oltre il 10 per cento del capitale acquistato lo scorso anno. Il Credit Suisse ha alzato bandiera bianca e ha chiesto aiuto alla Banca centrale. Il titolo era sotto pressione dopo che la banca aveva ammesso di aver trovato “concrete debolezze” nelle relazioni finanziarie degli ultimi due anni a causa di controlli interni inefficaci. Dunque altre malefatte gestionali come negli States? Sono poche mele marce, si dice, però si guastano in un ambiente diventato favorevole alla decomposizione degli equilibri ai quali il sistema finanziario era abituato ormai da un decennio. Bisogna ammettere che con un costo del denaro in aumento le banche rischiano un peggioramento dei crediti in sofferenza e una svalutazione dei titoli a tasso fisso dei quali si erano riempite. Questo è vero negli Usa e forse ancor più nella Ue. Secondo i dati dell’Eba le banche dell’Unione possedevano nel 2022 titoli governativi per 3.300 miliardi di euro. Quelle italiane detengono Btp per 384 miliardi di euro più 200 miliardi di altre obbligazioni. La metà dei titoli di stato è congelata e non sarà venduta. Anche se il valore scende non creerà buchi nei bilanci. Questo artificio contabile rappresenta un salvagente, tuttavia non cancella i rischi insiti nella stretta monetaria. Da più parti si chiede che la vigilanza europea si muova in tempo e che la Bce, che si riunisce domani per aumentare di nuovo i tassi, faccia un bagno di realismo e dia prova di saggia moderazione.