editoriali
L'Italia va veloce, i taxi no: serve un nuovo approccio verso l'innovazione
Preferenziali, licenze, app. E' arrivato il momento di sfidare una volta per tutte il conservatorismo tassinaro, che resiste a ogni cambio di governo
Si può sempre ricordare, a difesa di sindaci e governanti italiani, che neanche Margaret Thatcher riuscì a portare la gioia della libertà fra i tassisti londinesi. Oppure si possono sciorinare i flop delle varie amministrazioni che hanno provato a smuovere qualche licenza, a cambiare qualche regola, a introdurre liberalizzazioni. Si va sempre a sbattere contro un impianto di norme impossibili da migliorare senza stravolgimenti. Perché il servizio taxi e la sua regolazione nascono in epoche economicamente e tecnologicamente lontane e attorno a essi si è creato un efficiente sistema di rappresentanza politica per tutelare uno schema di servizio universale superato prima dalla motorizzazione di massa e successivamente dall’avvento delle prestazioni di lavoro offerte e pagate online.
Nelle nostre principali città sono aumentati i movimenti delle persone, la loro frequenza. Per l’Italia c’è il successo arrembante dell’alta velocità ferroviaria a scaricare clientela ogni 15 minuti. I tassisti non stanno dietro a tutto questo. Ora fanno guadagni superiori al passato (i saldi quotidiani del tassista bolognese nemico dell’omertà fiscale ne sono una prova), ma si mettono gradualmente fuori dal mercato. Resistono con minacce, come i ricorrenti blocchi del traffico, e attivando le loro sponde politiche. Ma non vedono che la torta sta crescendo e che i loro attuali forti profitti continuerebbero a correre anche in un regime di maggiore concorrenza e di offerta più ampia. Arrivare a togliere le scandalose file di persone in attesa nelle stazioni italiane (per un Napoli-Roma il tempo di attesa del taxi tende a pareggiare il tempo del viaggio ferroviario) è possibile, ma serve un approccio aperto all’innovazione.
Uber e simili creano nuova clientela e nuovi servizi, non tolgono al taxi tradizionale. Ai comuni spetta la regolazione del traffico in modo più favorevole al trasporto pubblico, tra cui taxi, Ncc e automobili gestite dalle piattaforme online. Più preferenziali, più licenze, più innovazione. Il programma è vasto, ma non ci sono alternative.