editoriali
Coldiretti dà i numeri
Dietro i dati falsi sul peso dell’agroalimentare c’è una visione retrograda del paese
È una cifra che viene ripetuta costantemente, in tutti i comunicati stampa acriticamente rilanciati da giornali e tv: il 25 per cento del pil. A volte la Coldiretti precisa anche il numero in valore assoluto: 538 miliardi di euro. Tanto sarebbe l’impressionante valore della “filiera agroalimentare”. L’ha ripetuto al recente Villaggio Coldiretti, la grande prova di organizzazione e mobilitazione al Circo Massimo coronata dagli interventi della premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il leader dell’organizzazione: “Non possiamo delocalizzare, dobbiamo difendere l’eredità dei nostri padri – ha detto con retorica patriottica lo storico segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo –. La prima voce del pil italiano è agricoltura e agroalimentare, il 25 per cento del pil nazionale”.
Si tratta di un’affermazione non solo falsa, sebbene ripetuta come vera da anni, visibilmente fuori scala per chiunque abbia una minima idea di cosa sia l’economia italiana. In ogni caso, a smentire il dato di Coldiretti c’è il rapporto Ismea appena pubblicato: secondo i dati dell’Istituto di servizi per il mercato gricolo alimentare, il valore aggiunto della filiera agroalimentare nel 2022 è arrivato a 64 miliardi di euro (non 538 miliardi, come sostiene Coldiretti): 37,4 miliardi generati dal settore agricolo e 26,7 miliardi dall’industria alimentare. Si tratta, dice Ismea, del 3,7 per cento del pil italiano: sette volte meno di ciò che dice Coldiretti.
Naturalmente è una fortuna che sia così, perché in genere il settore primario pesa il 25 per cento del pil nei paesi sottosviluppati e dove c’è un’agricoltura di sussistenza. Siccome negli anni i partiti e i governi, di tutti i colori, parlando di “interesse nazionale” si sono accodati alle battaglie di retroguardia della Coldiretti, dal no agli Ogm ieri al divieto alla “carne sintetica” oggi, passando per le lotte protezionistiche contro gli accordi di libero scambio, viene il sospetto che la politica creda all’immagine sopravvalutata di sé che Coldiretti proietta sui media. L’interesse nazionale è fatto di sviluppo e innovazione, il suo ostacolo di proibizionismo e protezionismo.