editoriali
Appunti sulla revisione del Patto di stabilità
Incassare le concessioni sulle spese per la difesa e non minacciare veti: ecco cosa dovrebbe fare il governo Meloni
All’Ecofin di oggi la presidenza spagnola dell’Unione europea cercherà nuovamente una “zona di atterraggio” per arrivare a un accordo sulla revisione del Patto di stabilità e crescita. Il tempo stringe per arrivare a un accordo entro la fine dell’anno. Nessuno si illude di una svolta questo pomeriggio. Ma, anche se lentamente, le posizioni di Germania e Francia si stanno avvicinando su una versione molto tedesca della riforma delle regole fiscali, questa non è una buona notizia per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il governo Meloni si è presentato a questo negoziato con richieste massimalistiche, in particolare sulla “golden rule” per escludere tutta una serie di spese e investimenti dal calcolo del deficit e del debito. L’ultima bozza prevede un trattamento privilegiato solo per la difesa, che sarà considerata come un fattore attenuante, quando la Commissione dovrà decidere se aprire o no una procedura per deficit eccessivo.
Per il resto, l’asse italo-francese sognato a Roma non si è mai concretizzato. Il francese Bruno Le Maire sta negoziando per conto suo con il tedesco Christian Lindner. Anche se mancano ancora le cifre, la bozza presentata dalla Spagna include i princìpi voluti da Berlino sulla riduzione del debito (attraverso la regola della spesa) e sulle salvaguardie per mantenere il deficit molto al di sotto del 3 per cento. Una proposta di testo legislativo dovrebbe arrivare all’Ecofin dell’8 dicembre. La presidenza spagnola pensa già a una riunione straordinaria dei ministri delle Finanze nei giorni successivi per siglare definitivamente l’intesa. La posizione dell’Italia è debole. Con un debito pubblico al 140 per cento del pil, rimane l’anello debole della zona euro. Giorgetti farebbe bene a incassare le concessioni sulla spesa per la difesa ed evitare la tentazione di un colpo di scena populista. Un veto sarebbe controproducente per il governo Meloni, semplicemente perché tornerebbero in vigore le regole più stringenti del vecchio Patto di stabilità.