editoriali
Mps in attesa di giudizio
Il futuro della banca passa anche dalla sentenza (rinviata) su Profumo e Viola. La mancanza di strategia del Mef non è l’ideale per una banca appena risanata
Si chiama “inversione degli accantonamenti” la speranza di Montepaschi di avere più carburante nel serbatoio per affrontare la corsa sul mercato. Ma bisognerà attendere un altro paio di settimane per sapere se la sentenza d’appello per gli ex vertici, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, prevista per ieri e rinviata all’11 dicembre, consentirà di sbloccare rilevanti risorse accantonate per coprire i rischi legali.
Secondo l’ufficio studi di Mediobanca, con un verdetto favorevole ci si può aspettare non solo il rilascio di 200 milioni su 800 complessivi strettamente connessi al processo in corso, ma anche di una parte della copertura su richieste extragiudiziali di 1,8 miliardi. Alla fine, potrebbero essere alcune centinaia i milioni “liberati” favorendo così il nuovo corso di Rocca Salimbeni, di cui il Mef detiene una quota di circa il 39 per cento dopo avere collocato il 25 per cento presso investitori istituzionali.
Ovviamente tutto dipende dall’esito della sentenza, che resta un punto interrogativo anche se la recente assoluzione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, vale a dire la gestione sotto cui si è sviluppata la crisi della banca e che è antecedente a quella di Profumo e Viola che sono stati i protagonisti del salvataggio, aumenta le probabilità di una chiusura della vicenda giudiziaria senza eccessivo impatto per i conti dell’istituto, anche se deludente chi chiede un risarcimento (piccoli risparmiatori, ma anche imprenditori-investitori).
Intanto, Mps continua a recuperare terreno in Borsa, dove il titolo è arrivato a sfiorare 3 euro per azione quando un anno fa ne valeva 1,8 e le prospettive erano incerte. Le cose sono cominciate a cambiare per Siena con il ritorno alla profittabilità, grazie anche all’effetto tassi, che ha favorito il collocamento di una prima tranche da parte del Mef, che oggi appare dubbioso tra uscire definitivamente dal capitale e favorire la nascita di un terzo polo bancario nel paese di cui potrebbe essere socio di minoranza. Una mancanza di strategia che non è l’ideale per una banca appena risanata.