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editoriali

Non c'è capitalismo senza democrazia

Redazione

Davos ragiona sui rischi del 2024. Ma dimentica il più importante. Guai

L’annuale appuntamento di Davos che si apre lunedì sarà dominato dalle guerre o “incertezze geopolitiche”, come vengono eufemisticamente definite. Ieri il World Economic Forum ha presentato il rapporto sui rischi globali filo conduttore ormai da 19 anni del confronto che vedrà riunito il classico parterre de roi, da Emmanuel Macron al segretario di stato americano Antony Blinken, dal premier cinese Li Qiang a Volodymyr Zelensky alla disperata ricerca di quel sostegno che s’è allentato in occidente e non c’è mai stato altrove. Il Global Risks Report 2024 è costruito su interviste a 1.400 esperti, politici, leader industriali realizzate nel settembre scorso dunque prima dell’attacco di Hamas contro Israele.

 

Eppure colpisce che nella lista dei cinque rischi più gravi figurino in testa il riscaldamento globale, la disinformazione generata dall’intelligenza artificiale, la polarizzazione sociale e politica, l’inflazione, gli attacchi cibernetici. E non la democrazia. Non è forse a rischio? Lo è per la guerra della Russia contro l’Ucraina, l’Europa, l’occidente; lo è per l’offensiva terroristica in Medio oriente; lo è dall’esterno, dai paesi autoritari, dittatoriali, illiberali che nel frattempo si stanno espandendo; e lo è dall’interno con la deriva sovranista, il neo-nazionalismo aggressivo, la crescita dell’estrema destra, i fenomeni di neofascismo e neonazismo, un’onda che viene da lontano e si trasforma via via in un rifiuto dei princìpi base della democrazia liberale basata sul diritto fondato esso stesso sulla ragione e i valori umani. Possibile che i Davos boy come venivano chiamati negli anni della globalizzazione trionfante, sottovalutino la minaccia ai fondamenti dell’ordine mondiale basato sulla convivenza pacifica? Oppure, al contrario, sono totalmente sicuri che i pilastri della libertà siano ormai così solidi da resistere a ogni attacco? E se invece l’intero schema preparato dal World Economic Forum fosse stato pensato in modo da non turbare gli spiriti di interlocutori importanti, come la Cina o l’Arabia Saudita, che hanno nutrito in tutti questi anni gli eventi tra le Alpi svizzere?

 

Noi preferiamo pensare che il popolo di Davos sia preoccupato più degli affari che dei princìpi e, nonostante lo sforzo di aguzzare lo sguardo verso il medio periodo definito in un decennio, prevalga una certa miopia. Gli eventi estremi c’erano anche l’anno scorso e prima ancora. La disinformazia non è una trovata di ChatGPT e simili, non sono nuove nemmeno le migrazioni, l’inquinamento, l’ineguaglianza. Se la distanza tra ricchi e poveri si è allargata (e molti ne dubitano) non è successo oggi, ma è la conseguenza di processi decennali. Anche la minaccia al costo della vita per l’aumento generale dei prezzi, in fondo era un fenomeno più evidente un anno fa. Il Global Risks Report del 2023, infatti, lo metteva al centro delle preoccupazioni, tanto da fornire un quadro catastrofico sugli effetti di un’inflazione mai così alta dopo le due crisi petrolifere degli anni 70. Tuttavia, non è successo quel che il Forum temeva: non è tornata la stagflazione perché la stretta monetaria delle principali banche centrali a cominciare dalla Federal Reserve, non ha provocato una recessione. Senza voler fare i profeti a buon mercato, a meno di eventi non prevedibili, quest’anno la febbre dei prezzi dovrebbe a mano a mano spegnersi. Chi siamo noi per sfidare le convinzioni e le predizioni dei Davos boy? Possiamo solo leggere e cercare di interpretare gli umori e le attese di chi può influenzare (pur entro il limite della prevedibilità) il corso degli eventi internazionali. E le aspettative, come sappiamo, guidano l’operato anche dell’homo oeconomicus. Ma senza libertà e democrazia, sarà possibile affrontare le minacce del clima, della informazione manipolata, della polarizzazione sociale, della sicurezza, della pace? Il nostro modesto suggerimento, allora, è che il Forum riveda la lista dei global risk e la rimetta a testa in su, almeno durante i giorni della kermesse sotto la montagna incantata.

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