L'intervista
Il taglio del costo del denaro nel 2024 non è scontato, dice Ferrero
L'economista esperto di politiche monetarie all’Università di Oxford spiega perché le previsioni di un forte ribasso dei tassi sono un po' troppo ottimistiche: "Si può sperare in un allentamento della stretta"
La Bce taglierà il costo del denaro nel 2024 come si attendono i mercati e quando comincerà? “In giro ci sono previsioni un po’ troppo ottimistiche – dice al Foglio Andrea Ferrero, economista esperto di politiche monetarie all’Università di Oxford e già consulente della BoE – Credo che la Bce continuerà a prendere decisioni in base ai dati e questi dicono che l’inflazione di fondo, vale dire quella sganciata dai beni più volatili, energetici e alimentari, è ancora sopra il target e così è probabile che mantenga ancora per un po’ invariato l’attuale livello dei tassi d’interesse”. Ma allora la previsione di sei tagli a partire dalla prossima primavera, anche in anticipo sulla Fed – poiché è stata questa la stima degli operatori economici fino a pochi giorni fa – potrebbe rivelarsi completamente errata? “In parte, sì – ribatte l’economista – C’è stato, forse, un eccesso di euforia, la verità è che nel board della Bce prevale ancora l’idea di mantenere i tassi alti per il tempo necessario a dominare completamente l’inflazione poiché ne va anche della credibilità della banca centrale”.
Un bagno di realtà, dunque, attende chi sperava di vedere nel breve un’inversione della politica monetaria, anche se non è detto che segnali in questo senso non ce ne possano essere. “Al momento appaiono, però, improbabili riduzioni per complessivi 2-3 punti percentuali per quest’anno”, prosegue Ferrero. Eppure, è stata questa la grande scommessa dei mercati finanziari che ha contribuito a spingere le quotazioni nelle settimane pre natalizie, compresa Piazza Affari, il listino del paese che più avrebbe da guadagnare se la Bce tagliasse i tassi poiché – come ha ammesso anche la premier Meloni – libererebbe risorse per ripagare il costo del debito pubblico. Non è un caso, infatti, che lo spread Btp-Bund, che verso fine 2023 era sceso a 157 punti base, abbia subìto una nuova fiammate e adesso viaggia appena sotto i 170 punti base con i rendimenti dei titoli decennali risaliti a 3,8 per cento. L’Eurotower, per la verità, ha cercato più volte di far capire che si muoverà con cautela, ma in qualche modo la presidente Christine Lagarde deve aver comunicato un’apertura sui tassi che è stata male interpretata, non trova? “A volte succede che ci sia distanza tra lo sforzo di orientare i mercati sulle aspettative di politica monetaria e le aspettative stesse degli investitori che sono influenzate anche da altri fattori”. Per esempio? “I governi sperano nell’alleggerimento della stretta monetaria per riprendere fiato, in più il 2024 è l’anno delle elezioni europee, non è difficile prevedere che nei prossimi mesi aumenterà la pressione politica per avviare la riduzione dei tassi. Ma, a mio parere, la Bce non si farà influenzare dal clima della campagna elettorale e tenderà a mantenere la sua indipendenza”.
Prevede scossoni in vista delle urne? “Sicuramente i toni si faranno più accesi perché nessun governo vorrà parla di contenimento del disavanzo pubblico in quel contesto. Ma fa parte del gioco. Per fortuna, c’è il nuovo Patto di stabilità a ricordare a tutti, compreso il governo italiano, che sono stati presi degli impegni a livello europeo per contenere la spesa fiscale nei prossimi anni e ridurre il deficit”. Per Ferrero, la politica di Palazzo Chigi, vista da Londra, ha un prima e un dopo. “Prima della scorsa estate il governo italiano ha mantenuto un basso profilo allineandosi, sostanzialmente, alle scelte dell’esecutivo precedente. Insomma, ha fatto bene, anche meglio del previsto, poi le scelte successive non mi hanno entusiasmato. Certo, non ci si può attendere che questo governo risolva problemi strutturali del paese come la bassa crescita economica, che dipende dalla scarsa produttività, ma sottoscrivendo le nuove regole sui conti pubblici ha assunto l’impegno di tenere sotto controllo il debito che da tempo rappresenta la principale preoccupazione degli investitori internazionali sull’Italia. Alla fine, però, è possibile che l’economia trovi la giusta spinta, anche grazie al Pnrr, ma il paese dovrà evitare in futuro di tornare al centro della scena europea come un potenziale rischio sistemico”. E se non ci sarà “l’aiutino” della riduzione della riduzione dei tassi? “A maggior ragione, il governo sarà chiamato al rigore fiscale. Ma credo che ormai, se non ci saranno altri choc sui prezzi, l’inflazione sia su una traiettoria discendente, quindi magari non ci saranno sei tagli di tassi come sperano i mercati, ma si può oggettivamente sperare in un allentamento della stretta entro il 2024”.