Editoriali
Mps si è trasformato da preda a predatore?
I positivi dati di bilancio possono far riconsiderare la strategia di Monte dei Paschi di Siena
"Faremo un takeover su Unicredit". Scherza il cfo di Mps, Andrea Maffezzoni, durante l’incontro con gli analisti finanziari ai quali i vertici della banca senese guidata da Luigi Lovaglio hanno presentato i risultati del 2023. Decisamente superiori alle aspettative del mercato e in sintesi: 2 miliardi di utili netti, ritorno al dividendo dopo 13 anni, con l’incasso per l’azionista Mef di una cedola di circa 150-170 milioni di euro (su un totale di 315 milioni), e liberazione di risorse che finora erano servite a coprire i rischi legali (466 milioni). Risultati impensabili fino a solo un anno fa, quando un aumento di capitale, chiuso da Lovaglio per il rotto della cuffia, scongiurava il tracollo del Monte dopo svariati tentativi di trovare un partner. Ma sotto la battuta del cfo si nasconde un fondo di verità, nel senso che Mps ha talmente invertito la sua traiettoria che potrebbe passare da preda a predatore. O, almeno, ambisce a farlo avendo a disposizione ben 3 miliardi di capitale in eccesso, che sono anche il frutto dei benefici fiscali, compresi gli accantonamenti a riserva della tassa sugli extraprofitti.
Alla domanda su come la banca intenda utilizzare una tale capienza finanziaria, Lovaglio ha risposto che il management si sta guardando intorno per cogliere opportunità “all’interno delle partnership che già abbiamo”. Nulla di più ha aggiunto l’ad che ha precisato che è il Mef (azionista di controllo con il 39 per cento) a dover fare delle scelte. Ma ce n’è abbastanza per intuire che il vento è cambiato dalle parti di Siena e che le ambizioni dei vertici sono cresciute. Il 2024 diventa così un anno determinante per il futuro di Mps, la cui completa privatizzazione resta un obiettivo prioritario del governo Meloni per gli impegni presi con l’Europa. Ma chissà che veder risorgere il Monte dalle ceneri non consolidi la convinzione in alcuni ambienti della maggioranza di non affrettarsi troppo, pur essendo l’operazione parte integrante del pacchetto di privatizzazioni da 20 miliardi funzionale alla riduzione del debito pubblico.