L'intervista

Perché l'operazione Unicredit e Mediobanca può funzionare

Mariarosaria Marchesano

I titoli bancari vanno forte a Piazza Affari. "Potrebbe essere la fusione giusta per l’Italia”, dice al Foglio Ignazio Angeloni, già membro del supervisory board della Banca centrale europea

Un matrimonio tra Unicredit e Generali attraverso Mediobanca? “Potrebbe essere la fusione giusta per l’Italia”. Ignazio Angeloni, economista già membro del supervisory board della Bce, commenta così l’ipotesi di un’aggregazione tra le tre grandi istituzioni finanziarie del paese tornata d’attualità dopo che il Foglio ha rivelato l’esistenza di uno studio di fattibilità da parte di una grande banca d’affari internazionale. Rispetto a ipotesi analoghe circolate in passato, la novità c’è. E la novità consiste nella modalità con cui avverrebbe l’operazione e cioè un’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Mediobanca, con un premio del 20 per cento per gli azionisti di Piazzetta Cuccia. “Le banche d’affari fanno il loro lavoro e non ho aggiornamenti sui vari dossier – ragiona Angeloni – Ma ho sempre pensato che questa operazione abbia un senso. Il gruppo sarebbe forte in Europa, non solo in Italia, e aiuterebbe l’integrazione europea. La complicazione è la governance, particolarmente complessa per quanto riguarda Generali e Mediobanca”.

 

 

Non è la prima volta che Angeloni esprime un parere positivo su questo tema, forte della posizione super partes che gli deriva dagli incarichi ricoperti anche in seno a organismi di vigilanza bancaria. Proprio nei giorni scorsi, il Parlamento europeo ha pubblicato un suo rapporto sulla necessità di favorire un processo di aggregazione tra istituti di credito di diversi paesi: “Progredire – dice – verso un’unione bancaria integrata è più facile ora di quanto non sia mai stato negli ultimi dieci anni: quindi il momento di agire è adesso”. Angeloni si riferisce alle più favorevoli condizioni patrimoniali e finanziarie in cui si trovano le banche oggi, spesso con riserve di capitale in eccesso (Unicredit, per esempio, conta 10 miliardi) che potrebbero essere utilizzate in un’ottica di consolidamento in chiave europea “processo che andrebbe favorito anche rimuovendo gli ostacoli normativi”. Qui, però, si sta parlando di un’operazione domestica e non transfrontaliera. Quale sarebbe il vantaggio per l’Italia? “Esprimere un gruppo sufficientemente grande e diversificato vorrebbe dire competere in Europa al pari livello con paesi che possono contare su colossi nel settore, come per esempio la Francia”, ribatte l’economista. La creazione di un campione bancario-assicurativo italiano, ma di dimensione europea e globale, resta una sorta di sogno proibito. Se ne è parlato molto nel 2021 ma l’ultima volta che questa ipotesi ha suscitato un ampio dibattito pubblico è stato nel 2009.
 

In quell’occasione, il Financial Times stroncò l’ipotesi di una fusione tra Unicredit, Mediobanca e Generali. La crisi finanziaria, questa era la tesi dell’articolo, avrebbe dovuto insegnare quanto fosse pericoloso mescolare business diversi tra loro. Insomma, la creazione di un colosso finanziario tricolore era “discutibile” a causa dei rischi che queste unioni comportano pur nella consapevolezza che ci sarebbe stato bisogno di grandi gruppi per sostenere la crescita industriale italiana. Da allora sono passati quindici anni. E’ ancora un tabù parlarne? “No, perché la creazione di un soggetto con vocazione e dimensioni europee è esattamente quello che manca al nostro sistema. E date le caratteristiche del mercato continentale oggi, questo soggetto non può che essere una banca universale, con una presenza forte in tutti i comparti rilevanti, da quello bancario tradizionale all’assicurazione, dalla gestione del risparmio alla consulenza d’impresa”. Per Angeloni una fusione tra Unicredit e Generali, che non dovrebbe trovare obiezioni da parte dell’antitrust europeo, sarebbe un progetto di grande ambizione ma non facile da realizzare, per dimensione industriale e poiché coinvolgerebbe persone (azionisti e manager) che hanno mostrato in passato di avere visioni e ambizioni differenti.
 

“I potenziali vantaggi per il paese però sono innegabili sia perché si farebbe trovare pronto per una prossima stagione, tutt’altro che improbabile, di aggregazioni bancarie europee, sia per dare un punto di riferimento solido alle imprese italiane che operano all’estero, che tuttora per certi servizi bancari tendono a rivolgersi a colossi d’oltre oceano”, conclude l’economista. Intanto, la Borsa sembra dare credito all’ipotesi di uno scenario di risiko che coinvolge Mediobanca, che nell’ultima settimana ha guadagnato oltre il 10 per cento, in buona compagnia con Generali (più sei per cento) e con Unicredit (più 3,7 per cento). Gli analisti si dividono tra chi, vede l’ipotesi come improbabile e chi, al contrario, la considera molto sensata dal punto di vista industriale e quindi possibile. Su tutti, comunque, prevale l’idea che, quand’anche non si trattasse esattamente di questa fusione, nel settore bancario, qualcosa di grosso sta per accadere.

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