editoriali
È ora di capire i buoni dati sul lavoro in Italia
L’occupazione che migliora ancora costringe la politica a occuparsi meno di fuffa: l’attuazione del Pnrr riuscirà ad assorbire la bolla occupazionale prodotta dal Superbonus?
Il lavoro in Italia è in buona salute. L’Istat, nel report sul mercato del lavoro, descrive un quadro positivo e per certi versi sorprendente rispetto alla crescita flebile del pil. Nell’ultimo trimestre 2023, rispetto all’anno precedente, aumentano le ore lavorate (+2,4 per cento) e le ore lavorate per dipendente (+1,6 per cento). Cresce, per l’undicesimo trimestre di fila, il numero di occupati (+533 mila, +2,3 per cento), principalmente quello dei dipendenti a tempo indeterminato (+509 mila, +3,3 per cento), aumentano anche gli indipendenti (+65 mila, +1,3 per cento) mentre diminuiscono i dipendenti a termine (-40 mila, -1,4 per cento). Aumentano sia gli occupati part time (+143 mila, +3,4 per cento) sia gli occupati a tempo pieno, questi ultimi in quantità superiore (+391 mila, +2,0 per cento). L’occupazione cresce in tutte le aree geografiche, al Mezzogiorno (+1,1 per cento) più che al cento e al nord (+1-1,1 per cento); cresce sia tra gli uomini sia tra le donne (+2,1 e +1,9 per cento), sia tra gli italiani sia tra gli stranieri e cresce in tutte le fasce d’età e indipendentemente dal titolo di studio. Prosegue il calo dei disoccupati (-65 mila, -3,2 per cento) e degli inattivi nella fascia 15-64 anni (-496 mila, -3,9 per cento).
In sostanza, da decenni non si assisteva a dati così positivi e convergenti. Si tratta di una tendenza partita con il fisiologico rimbalzo dopo la crisi Covid, ma che era difficile immaginare proseguisse una volta tornati ai livelli pre crisi e, soprattutto, dopo la crisi energetica. C’è da chiedersi se questi risultati verranno consolidati nel 2024, se dopo l’auspicabile fine del Superbonus l’attuazione del Pnrr riuscirà ad assorbire la bolla occupazionale prodotta nell’edilizia dal supersussidio. Su questo dovrebbe concentrarsi l’opposizione, invece di negare l’evidenza e i numeri dell’Istat come recentemente ha fatto l’economista di riferimento del M5s, Pasquale Tridico, che – in piena fase di rifiuto della realtà – ha diffuso dati falsi descrivendo un mercato del lavoro sempre più povero, precario e depresso. Perché la realtà prevale sulla propaganda.