editoriali
Il Mef colloca nuovo capitale di Mps sul mercato: è l'ora delle scelte
Il Tesoro vende il 12,5 per cento del Monte per incassare poco meno di 700 milioni. Davanti ci sono due strade: uscire completamente di scena o realizzare il famigerato “terzo polo”
I più ipotizzavano che se ne sarebbe parlato dopo le elezioni di giugno, invece questa sera il Mef ha annunciato il collocamento sul mercato di una nuova tranche di capitale di Mps, pari al 12,5 per cento. L’operazione punta a ridurre la partecipazione pubblica nella banca senese al 26,5 per cento e forse anche a un livello un po’ più inferiore considerato che in serata si registrava un’elevata richiesta da parte degli investitori. Prosegue così la privatizzazione “a pezzi” del Monte, con una procedura che vede in campo un gruppo di banche d’affari internazionali, oltre che Mediobanca, per collocare le azioni presso “investitori qualificati in Italia e istituzionali esteri”. Uno schema che ricalca l’operazione di novembre quando il Mef ha incassato quasi 920 milioni di euro dalla vendita del 25 per cento di Mps. Adesso l’introito previsto per una tranche che è pari esattamente alla metà dovrebbe essere di poco inferiore a 700 milioni, visto che negli ultimi sei mesi il valore di Borsa del titolo è fortemente cresciuto grazie anche ai risultati 2023 superiori alle attese (2 miliardi di utili rispetto alla perdita di 178 milioni registrata l’anno precedente). Complessivamente, dalle due vendite il Mef potrebbe recuperare tutto o quasi l’esborso dell’aumento di capitale del 2022 (1,6 miliardi) avvenuto in un momento critico per la vita della banca ma che di fatto ha aperto una nuova e positiva fase. Ora il Tesoro, che a maggio incasserà anche un dividendo per la sua quota residua nel Monte, ha davanti due strade: proseguire con la cessione di quote fino a uscire completamente di scena, come in realtà prevedono gli accordi con l’Europa, facendo così di Mps una vera public company con un azionariato diffuso, oppure mantenere la posizione di azionista di riferimento con il 20-25 per cento, cosa che gli consentirebbe di incidere sulle decisioni strategiche e provare a realizzare il famigerato “terzo polo” bancario italiano, progetto caro alla Lega, ma che si deve misurare con una disponibilità del sistema bancario ad accoglierlo. Meglio la prima che la seconda.