editoriali
La Banca d'Italia vede un 2024 un po' meno roseo rispetto al governo
Palazzo Koch prevede una crescita del pil per il 2024 dello 0,8 per cento, inferiore a quanto stimato nella Nadef. Sono gli effetti da fine Superbonus: la crescita ne risente e restano solo i debiti da pagare
Mentre Palazzo Chigi e Mef lavorano per definire il Documento di economia e finanza entro il 10 aprile nella consapevolezza che l’Italia va incontro alla procedura d’infrazione europea per deficit eccessivo, la Banca d’Italia prevede una crescita del pil per il 2024 sotto l’1 per cento. Meno rosea, quindi, rispetto a quella stimata nella Nadef. In particolare, secondo Bankitalia il pil aumenterà dello 0,6 per cento nel 2024, dell’1 per cento nel 2025 e dell’1,2 per cento nel 2026. Ma, tiene a precisare Palazzo Koch, per fare un confronto corretto con i numeri che saranno pubblicati tra poco dall’esecutivo, bisogna fare riferimento alla stima del pil non corretta per le giornate lavorative, che per il 2024 è dello 0,8 per cento. In ogni caso, c’è uno scostamento di qualche decimale con la Nadef (1,2 per cento) e con quanto anticipato dallo stesso ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, dicendo che nel 2024 il pil dovrebbe crescere di un “modesto 1 per cento”. Per Bankitalia, nel prossimo triennio la crescita potrebbe essere più contenuta se lo scarso dinamismo del commercio mondiale persistesse più a lungo, insieme con la ripresa economica cinese incerta e con un possibile aggravarsi delle tensioni politiche internazionali. Inoltre, “il progressivo ridimensionamento degli incentivi alla riqualificazione delle abitazioni potrebbe tradursi in una correzione dell’attività nel comparto edilizio più marcata di quanto previsto”. Sono gli effetti da fine Superbonus: il pil risente della fine del bonus e restano solo i debiti da pagare. Un altro fattore di rallentamento, infine, potrebbe essere la politica monetaria. L’inflazione in Italia è vista in discesa all’1,3 per cento nel 2024 per via del calo dei prezzi dell’energia e dei beni intermedi. Il venir meno di questi fattori e l’aumento dei salari ne comporterebbero una risalita all’1,7 per cento nel prossimo biennio. Un livello inferiore al target del 2 per cento della Bce, di cui i mercati cominciano a temere un ripensamento sul momento in cui iniziare i tagli come si è visto dal calo delle borse europee di oggi.