editoriali
I dati dell'Istat sull'occupazione smentiscono le bugie diffuse dalla Cgil il Primo maggio
Landini ha descritto una situazione drammatica del mercato del lavoro. Due giorni dopo, i dati Istat smentiscono ogni sua singola affermazione su disoccupazione, giovani e donne penalizzati e aumento della precarietà
Si dice che le bugie hanno le gambe corte, e infatti quelle dei Maurizio Landini non sono arrivate molto lontano: smentite dopo due giorni. Il segretario generale della Cgil, il Primo maggio, ha descritto una situazione drammatica del mercato del lavoro, spiegando che l’aumento dell’occupazione è dovuto al fatto che “hanno bloccato le uscite per la pensione”, mentre “i giovani e le donne continuano ad essere colpiti dalla precarietà e dalla disoccupazione”. Per giunta nel paese ci sarebbe un precariato dilagante: “Nel 2023 l’84 per cento dei rapporti di lavoro attivati erano a termine”. Due giorni dopo l’Istat ha diffuso i nuovi dati sull’occupazione e sono, ancora una volta, positivi: a marzo si sono registrati altri 70 mila occupati in più rispetto al mese precedente, portando il totale degli occupati a 23,8 milioni e il tasso di occupazione al 62,1 per cento. Due record storici.
I dati dell’Istat, soprattutto, hanno smentito ogni altra singola affermazione di Landini. E’ vero che nell’ultimo anno sono aumentati notevolmente gli occupati over 50 (+351 mila), ma non solo per effetto delle riforme previdenziali: l’aumento, secondo l’Istat, è molto forte anche al netto della componente demografica (+2,8 per cento). Non è vero che sono penalizzati giovani e donne: +102 mila occupati tra 25 e 34 anni e +189 mila donne (record di occupazione femminile: 10,1 milioni). Non è vero che sono aumentati contratti a termine e precariato, anzi, tutto il contrario: rispetto a marzo 2033 ci sono 559 mila dipendenti permanenti in più e 180 mila dipendenti a termine in meno.
E pertanto: “Non bisogna dire bugie e usare i dati per la campagna elettorale”, ha detto il leader della Cgil. Perfetto. Siccome anche Landini è in campagna elettorale, quella della raccolta firme per i referendum sul lavoro e contro il Jobs Act, è meglio seguire i dati dell’Istat che la propaganda della Cgil.