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Editoriali

Il Superbonus diventa un modello in Germania. Su come non fare politica fiscale

Redazione

Per la confederazione dei sindacati tedeschi è un caso da manuale. "Un esempio da manuale di come i politici possano rovinare la struttura degli incentivi, oltre che il buon funzionamento di un’economia di mercato", scrive l'economista Codogno

Era certo che il  Superbonus sarebbe diventato un caso di studio: un esempio da manuale di come non fare politica fiscale. Lo spiega in maniera chiara l’economista Lorenzo Codogno, in un’analisi per l’Hans Böckler Stiftung, la fondazione della Deutschen Gewerkschaftsbundes (Dgb) intiolata al padre della principale confederazione sindacale tedesca. Per Codogno il deterioramento dei conti prodotto dal bonus al 110 per cento rappresenta proprio ciò che dovrebbe essere evitato da un paese per stimolare la domanda quando l’economia è in crisi. Emerso come  risposta alla pandemia, i bonus edilizi, pur avendo secondo Codogno uno scopo “rispettabile”, cioè consentire la ristrutturazione energetica degli edifici residenziali, sono passati da una stima iniziale di  36,6 miliardi a oltre 200 miliardi (compresi gli altri incentivi immobiliari). “L’intera iniziativa può essere considerata – dice l’economista – un’impresa rischiosa e un esempio da manuale di come i politici possano rovinare completamente la struttura degli incentivi e, quindi, il buon funzionamento di un’economia di mercato nonostante alcuni benefici anticiclici di breve termine”.

Non c’è solo da valutare l’impatto sul bilancio dello stato, anche se questo è l’effetto più visibile e dannoso per l’Italia per il suo effetto ritardato sul debito, ma anche i suoi effetti distorsivi a livello di sistema. L’attività sovvenzionata ha soppresso altri tipi di attività edilizia e interferendo con la domanda potrebbe avere prodotto distorsioni indesiderate e inattese sul lato dell’offerta. “In un’economia con risorse e finanziamenti limitati – è la conclusione – un massiccio schema di sussidi come il Superbonus ha di fatto spiazzato gli investimenti produttivi e tecnologicamente avanzati, determinando una riallocazione delle risorse all’interno dell’economia che non favorisce la produttività e la crescita”. Sarebbe stato più logico che un’analisi del genere l’avesse pubblicata la Fondazione Di Vittorio della Cgil, ma non sorprende affatto che a farlo sia stato il sindacato tedesco.

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