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Editoriali

La Bce inizia a pesare l'effetto Trump

Redazione

Tassi invariati, ma l’Eurotower teme una guerra commerciale con gli Usa. Del resto, le elezioni americane non sono così lontane e Trump è dato in vantaggio, così la Bce deve prepararsi in tempo a un quadro più complesso  

Ci vediamo a settembre. Come da attese, dopo il taglio di giugno la Bce ha lasciato invariati i tassi di deposito al 3,75 per cento, rimandando ogni decisione su un eventuale ulteriore allentamento della politica monetaria a dopo l’estate, quando il quadro  macroeconomico sarà più chiaro. Ma è proprio qui che si legge una sfumatura inaspettata del discorso della presidente Christine Lagarde. Rispondendo a una domanda sugli effetti di una possibile vittoria alle presidenziali americane di Donald Trump, ha detto di non volere speculare sugli sviluppi politici in altri paesi anche quando sono drammatici (riferendosi, evidentemente, all’attentato). Ma ha aggiunto: “Ovviamente teniamo in considerazione le conseguenze di eventuali decisioni come aumento dei dazi o politiche industriali per vedere che effetti avranno sull’economia europea”.

Insomma, la Bce sta cominciando a inglobare nelle sue previsioni l’effetto Trump che, secondo alcuni osservatori di mercato, potrebbe influenzare negativamente la crescita dell’area euro per effetto di una nuova guerra commerciale. Del resto, le elezioni americane non sono così lontane e Trump è dato in vantaggio, così la Bce deve prepararsi in tempo a un quadro più complesso. Se, infatti, il percorso dell’inflazione, soprattutto per la dinamicità del mercato del lavoro, suggerisce una certa prudenza nell’allentamento dei tassi, la prospettiva di una riduzione del pil come effetto delle politiche trumpiane potrebbe indurre l’Eurotower a reagire accelerando il percorso di riduzione del costo del denaro. Si vedrà. Intanto, una buona parte delle stime di mercato converge verso una soglia dei tassi nell’Eurozona tra il 2 e il 2,25 per cento per la fine del 2025, che equivale ad almeno quattro o cinque sforbiciate, di cui la prima proprio a settembre. Ma i previsori non sempre ci azzeccano e Lagarde insiste sul concetto di non volere prendere impegni: il taglio di settembre rappresenta “una questione aperta”. Tanto aperta da dare l’idea che la Bce sia in balìa di incertezze e timori.