Un'immagine di repertorio dell'ex Ilva di Taranto (Ansa)

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Telenovela Ilva: i nodi irrisolti nonostante i sei acquirenti annunciati da Urso

Annarita Digiorgio

Il ministro ha incontrato i sindacati e prospettato l'ipotesi di un rigassificatore a Taranto. Ma tra piano industriale e cassa integrazione, altoforni e amministrazione straordinaria, sul futuro dell'impianto ci sono ancora molte ombre

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso domani sarà a Taranto sul palco dell’Usb, il sindacato di base molto forte in città, e legato al presidente della regione Puglia Michele Emiliano. Con l’occasione inaugurerà una “Casa del Made in Italy” e in prefettura incontrerà tutte le sigle sindacali e datoriali che ruotano attorno all’Ilva, probabilmente accompagnato da sindaco e governatore, a lui molto vicini. 

Per preparare la trasferta, ieri, si è tenuto un tavolo con i sindacati a Palazzo Chigi. Durante la riunione il ministro ha tirato fuori anche un rigassificatore. Finirà che sposteranno a Taranto la Golan Tundra che entro il 2026 dovrà lasciare Piombino, e che il vice di Giovanni Toti (sconfessando tutta la politica del presidente della regione Liguria ora ai domiciliari) non vuole più a Vado Ligure? 

 

L’ultimo che aveva parlato di un rigassificatore a Taranto è stato Franco Bernabè, il manager chiamato da Mario Draghi per controllare il siderurgico di Taranto attraverso Invitalia, per poi essere defenestrato malamente da Urso con l’amministrazione straordinaria. Tirare in ballo il rigassificatore, che servirebbe ad alimentare eventuali ipotetici e futuribili forni elettrici, svela tutta la dicotomia dell’amministrazione straordinaria. La quale, nella figura dei commissari Giancarlo Quaranta, Davide Tabarelli e Giovanni Fiori, non è mai stata tanto politicizzata come adesso. Non solo si è rivolta a una grande agenzia di lobbying e comunicazione, in un proliferare di interviste, dichiarazioni e note stampa (mai viste con i predecessori), ma addirittura il commissario Quaranta, per farsi vedere dai ministri, si è presentato scortato tra il pubblico al forum di Bruno Vespa a Manduria. 

L’incontro a Palazzo Chigi è stato convocato su richiesta dei sindacati, che hanno negato la loro presenza al tavolo sulla cassa integrazione se non a seguito di quello sul piano industriale. Per questo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ieri ha riunito i metalmeccanici alla presenza dei ministri Urso (Imprese), Calderone (Lavoro), Picchetto Fratin (Ambiente) e Fitto (Affari europei e Sud – l’unico che, tanto per cambiare, non ha detto una parola). Eppure, anche ieri è non venuto fuori niente di nuovo. Tranne l’ipotesi rigassificatore e la rievocazione dell’obiettivo, espresso dal commissario Quaranta, di riportare la produzione  a 8 milioni di tonnellate l’anno (ora siamo al minimo storico di un milione). 

 

Questi due aspetti sono importanti perché smontano la linea commissariale: “Noi non ci occupiamo del piano industriale, che sarà scelto e portato avanti dal nuovo acquirente, ma del piano di risanamento”, è il refrain. Il risanamento però prevede l’abbandono di Afo5 e il riavvio di tre altoforni a fine vita dal 2026 al 2030, con conseguente aumento di cassa integrazione per 5.200 lavoratori (il doppio di quella attuale). “Non è un piano di rilancio, ma di discesa” ha commentato Rocco Palombella, segretario dei metalmeccanici della Uil, all’uscita da Palazzo Chigi. E non si sa se i sindacati firmeranno l’accordo di cassa integrazione, nonostante il ministro Calderone abbia promesso una integrazione salariale del 70 per cento. L’aumento della produzione a 8 milioni di tonnellate (da altoforno) è l’unico obiettivo che potrebbe garantire il rientro in fabbrica di tutti i 12 mila lavoratori, compresi i 2.500 rimasti in cassa integrazione sotto l’altra amministrazione straordinaria. 

Quaranta ha annunciato anche studi di fattibilità in merito alla decarbonizzazione degli impianti entro il 2030. Ma il commissario non diceva che questo aspetto riguardava il nuovo acquirente? Il ministro Urso ha detto che entro agosto pubblicherà il bando di gara e che si sono già palesati sei investitori interessati. E mentre i sindacati chiedono di inserire nel bando garanzie industriali e occupazionali, i commissari dicono di “stare bassi sulle richieste da avanzare ai possibili investitori, così ne troviamo di più”. Rientra in questa prospettiva lo scudo alla vendita dell’Ilva inserito nel dl Agricoltura: “Nel caso in cui la vendita dei compendi aziendali sia dichiarata nulla o sia annullata in conseguenza di vizi di atti della procedura di amministrazione straordinaria o del procedimento di vendita, gli effetti della vendita restano fermi nei confronti degli acquirenti”. Una norma di dubbia costituzionalità, scritta proprio mentre, nonostante lo scudo penale reintrodotto dal governo Meloni a dicembre 2023, il tribunale di Taranto persegue l’ultimo acquirente cacciato dallo stato.
 

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