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editoriali

La sorprendente economia italiana

Redazione

Le entrate fiscali superiori al previsto e gli indizi sull’Italia che non vogliamo vedere

La sorpresa documentata in questi giorni dal Sole 24 Ore di 16,4 miliardi di entrate tributarie in più rispetto alle previsioni del Def, che è emersa dall’assestamento del bilancio dello stato per il 2024, è un dato che andrebbe analizzato al microscopio per capirne la reale portata. E sono diversi gli analisti che stanno scandagliando il documento in discussione alla Camera per risalire all’origine del sorprendente surplus. Ma per arrivare a una valutazione puntuale ci vorrà ancora un po’. Nel frattempo, il Foglio ha cercato di carpire quelle che sono le prime impressioni di esperti ed economisti (consultandone quattro, tutti molto sorpresi dell’entità delle maggiori entrate fiscali). Così, facendo una sintesi, si possono avanzare alcune spiegazioni. Più entrate fiscali dovrebbero, in teoria, essere il prodotto di economia e occupazione che vanno meglio del previsto generando, di conseguenza, maggiore gettito. Ma è veramente così oppure l’inflazione ci ha messo lo zampino? Oppure il Mef è stato volutamente molto prudente nella legge di Bilancio in modo da fare emergere un tesoro fiscale? 
 

Partiamo da un dato: complessivamente, le maggiori entrate che lo stato  incasserà quest’anno ammontano a 24,7 miliardi ma, considerando che una decina riguardano versamenti di disponibilità aggiuntive di buoni postali da parte della Cdp, le entrate tributarie in più ammontano a 16,4 miliardi. Una cifra comunque considerevole – che si avvicina a un punto di pil – che in buona parte proviene da Irpef e Ires, vale a dire imposte sulle persone fisiche e tasse sui profitti delle aziende. Per esempio, l’ammontare dell’Irpef ha mostrato nel 2023 una crescita dell’8,8 per cento rispetto ai valori a consuntivo del 2022. E così anche l’Ires. La deduzione che tutto dipenda dalla crescita del pil dello scorso anno sopra le attese (0,9 per cento) e dalle previsioni per quest’anno (1 per cento) è facile e a portata di mano. L’economia va bene, il mercato del lavoro non è mai stato così forte, di cosa ci si sorprende? 

 

Uno degli economisti al lavoro sul dossier fa notare, però, che un peso importante su questo spread positivo l’ha avuto sicuramente l’inflazione: l’aumento del gettito, secondo questa tesi, un effetto del fiscal drag più che della crescita reale. Ma per avere una conclusione, ovviamente servono dati consolidati per confrontare  le stime di inflazione fatte dal governo per il 2023 con il livello raggiunto dalla curva dei prezzi a fine anno, così come andrebbero verificati i differenziali tra le stime di crescita di Nadef e manovra economica. Occorreranno analisi più approfondite per stabilire se tutto questo sia il prodotto di un’accelerazione del pil, magari, anche per effetto dell’attuazione del Pnrr. Oppure se sia in buona parte un gioco di numeri, di previsioni e consuntivi, di valori nominali e reali. Probabilmente la verità sta in mezzo e si vedranno i dettagli più in là. Al momento, 16,4 miliardi di tasse in più non possono essere tutti ascrivibili all’aumento del pil dello scorso anno che è stato solo dello 0,1 per cento in più rispetto alle stime del governo nella Nadef. E per il 2024 Bankitalia prevede che l’economia crescerà dello 0,8 per cento contro l’1 per cento stimato da Palazzo Chigi. Bisognerà vedere se il governo alzerà le stime di crescita e cosa dirà l’Istat, a settembre, nella sua revisione dei conti nazionali (l’anno scorso certificò un importante rialzo del pil 2021). 

 

La lettura, sicuramente maliziosa, avanzata da Luigi Marattin di Italia viva nella sua dichiarazione di voto alla Camera è che il Mef abbia volutamente sottostimato le entrate per sottrarre risorse a una maggioranza spendacciona. Insomma, dietro alle entrate fiscali inattese ci sarebbe un attento e oculato ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, che non solo tiene stretti i cordoni della spesa ma, come spesso fanno i padri di famiglia, fa sembrare la coperta più corta di quello che è per affrontare tempi duri come quelli che stanno arrivando con il nuovo Patto di stabilità. Una strategia che, però, qualche frizione la sta creando con il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, che potrà dare agli imprenditori che investono al sud un credito d’imposta nettamente inferiore a quello inizialmente prospettato e che, per questo, ha preso a litigare con l’Agenzia delle entrate. Senza però le entrate extra e l’oculatezza sulle spese, forse, a quest’ora il governo Meloni si troverebbe a litigare per qualcosa di più spiacevole: come fare una manovra correttiva.

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