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editoriali

L'Italia cresce più della Germania e non sfigura in Europa. Occasioni per Giorgetti

Redazione

Quest'anno, secondo l'Istat, il pil crescerà dello 0,7 per cento. La barca va e potrebbe aiutare Palazzo Chigi ad affrontare la sfida d’autunno di una manovra complicata dalle nuove regole del Patto di stabilità

Nel secondo trimestre 2024, l’Italia è cresciuta dello 0,2 per cento, meno dell’Eurozona (0,3 per cento) e meno del primo trimestre (0,3 per cento), ma comunque abbastanza per poter calcolare una crescita acquisita del pil per quest’anno pari allo 0,7 per cento e una crescita tendenziale (cioè anno su anno) a 0,9 per cento, livello appena sotto la previsione fatta dal governo Meloni (uno per cento). I dati diffusi oggi dall’Istat rafforzano la speranza del Mef guidato da Giancarlo Giorgetti che non ci sarà bisogno di una manovra economica correttiva per fare quadrare i conti pubblici in autunno, magari grazie anche all’aiuto di qualche miliardo in più di entrate fiscali non previste. Molto dipenderà anche da come andrà la crescita nel terzo trimestre dell’anno, quello estivo, che in genere rallenta ma quest’anno promette di essere trainato da turismo e servizi che sono i settori che hanno fatto girare l’economia nella prima parte dell’anno mentre agricoltura e industria si sono contratte. Un quadro – osserva l’Istat – che vista la persistente debolezza della componente ordini dell’indagine della fiducia delle imprese industriali, sembra essere destinato a essere confermato nel breve periodo. Tuttavia, come sottolineano alcuni analisti, da qualche tempo si sta registrando un indebolimento proprio nel terziario come effetto di una riduzione della domanda interna che non dipenderebbe solo da un fenomeno temporaneo dovuto al maltempo (come si pensava a giugno) ma sarebbe di natura più strutturale.

 

Si vedrà dopo l’estate, intanto l’Italia è cresciuta per il quarto trimestre consecutivo nel contesto dell’Eurozona polarizzato tra lo sviluppo sostenuto della Spagna (più 0,8 per cento il pil su base trimestrale, più 2,9 per cento su base annua), che mostra anche una sorprendente espansione del settore manifatturiero, e dalla fiacchezza della Germania, che decresce nel secondo trimestre (meno 0,1 per cento) e fatica a tenere il passo con il resto dell’area. L’opinione diffusa tra i commentatori è che l’economia tedesca subisca il triplice effetto dello choc energetico, della crisi globale manifatturiera e dell’impatto ritardato della politica restrittiva sui tassi mentre l’Eurozona sta beneficiando maggiormente del buon andamento dei servizi e dei fondi “Ngeu”: Next Generation Eu. Nel mezzo di questi due estremi si trova la Francia che è cresciuta dello 0,3 per cento nel secondo trimestre, confermando un aumento tendenziale del pil di quest’anno all’1,1 per cento, sostenuto dalla spesa pubblica e dagli investimenti fissi, mentre i Giochi olimpici dovrebbero fornire un contributo alla domanda nel terzo trimestre (ma non si sa ancora di quanto).

 

In questo quadro, la performance dell’Italia è solo poco al di sotto di quella francese nonostante la frenata dell’attività edilizia dovuta al ridimensionamento degli incentivi e del Superbonus. Insomma, l’Italia mostra una continuità nella crescita congiunturale, confermata anche dalla dinamicità del mercato del lavoro, e non sfigura nel confronto con la Francia e la Germania. La sua economia, pur non mostrando particolare slancio, sembra avere una buona capacità di resistere alle difficoltà e di navigare in mezzo all’incertezza che caratterizza lo scenario internazionale. L’Istat, per esempio, ha sottolineato che dal lato della domanda, c’è stato nella prima parte dell’anno un contributo positivo della componente nazionale e un apporto negativo della componente estera netta. Vuol dire che sono cresciuti i consumi e gli investimenti interni ma sono diminuite le esportazioni di beni, segno che le imprese italiane stanno subendo il contraccolpo del rallentamento del commercio internazionale. E considerando che a fare da traino del pil nazionale sono soprattutto servizi e turismo, continua a non essere visibile l’impatto del Pnrr sull’economia sebbene questo sia in parte comprensibile per l’orizzonte di medio lungo termine che si prefigge il piano e per i suoi obiettivi di miglioramento strutturale del paese che non si riflettono immediatamente nell’aumento del pil. In conclusione, la barca va quel tanto che basta per aiutare Palazzo Chigi ad affrontare la sfida d’autunno di una manovra complicata dalle nuove regole del Patto di stabilità.

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