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Editoriali

Quanto fa male la crisi di Berlino all'Italia (e perché c'è una luce in fondo al tunnel)

Redazione

L’economia tedesca si è praticamente fermata e nel 2025 il pil aumenterà dello 0,9 per cento e non dell’1,5 per cento come stimato. C'è però risvolto positivo

La Germania crescerà zero quest’anno. Lo dice l’Ifo tedesco, l’istituto che ha rivisto al ribasso le sue stime confermando che l’economia del paese si è praticamente fermata e che nel 2025 il pil aumenterà dello 0,9 per cento e non dell’1,5 per cento come stimato in precedenza. Del resto, la chiusura annunciata da Volkswagen di storiche fabbriche d’auto, dopo 87 anni di crescita incessante, è solo l’ultimo segnale della crisi vissuta dalla Germania, che dal Covid e dalla guerra in Ucraina non si è mai ripresa, com’è, invece, successo a Italia, Spagna e Portogallo, i paesi periferici d’Europa che hanno distaccato anche la Francia.

“L’economia tedesca è bloccata e langue nella depressione”, ha detto Timo Wollmershauser, economista dell’Ifo secondo il quale quella in atto è una crisi strutturale poiché “gli investimenti sono troppo scarsi, soprattutto nel settore manifatturiero, e la produttività è stagnante da anni. Il calo del pil registrato nel secondo trimestre, la manifattura debole in agosto, l’aumento del 30 per cento delle insolvenze delle imprese e l’arretramento di un comparto trainante come quello automobilistico (non solo UW, ma anche Porsche e Continental) sono tutti segnali negativi ai quali si aggiunge una discesa lenta dell’inflazione (dalla media del 5,9 per cento del 2023 al 2,2 per cento nel 2024) e un aumento del tasso di disoccupazione a 6 per cento quest’anno dal 5,7 per cento nel 2023.

Il quadro dovrebbe cominciare a migliorare a partire dal 2025 con la ripresa del pil che sarà tanto più solida quanto più i tassi d’interesse in Europa scenderanno. Il risvolto positivo (per così dire) della crisi tedesca è rappresentato dal fatto che il consiglio direttivo della Bce il 12 settembre avrà una buona ragione per convincersi che la strada dell’allentamento monetario è quella giusta se si vuole evitare che il motore economico d’Europa (l’industria tedesca è particolarmente stressata dagli elevati tassi d’interesse) precipiti in una nuova recessione dopo quella del 2023 (meno 0,3 per cento del pil) mettendo a repentaglio la crescita dell’intera area.

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