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Editoriali

Fuga dalla Borsa. L'opa di Lavazza su Ivs è una lezione sui mercati dei capitali

Redazione

Un ristretto a Piazza Affari. Due effetti, uno positivo e uno negativo, dell'operazione partita ieri. La strategia del Mef

Sono diversi i motivi per cui tante società stanno dicendo addio a Piazza Affari. Una di queste è che il mercato azionario si sta rivelando sempre meno il luogo ideale per far crescere le imprese. Un esempio è l’opa di Lavazza (società non quotata) su Ivs che in Borsa ci è andata nel 2013. Il caffè che si compra i distributori automatici. L’operazione, annunciata la scorsa primavera, è partita ieri e avrà due effetti. Il primo, negativo, è che Ivs uscirà dalla Borsa andando ad allungare il numero dei delisting che ormai non si contano più. Il secondo, positivo, è che una delle società più rappresentative del made in Italy, Lavazza, diventerà più grande e competitiva sul mercato grazie al fatto di acquisire le macchine che erogano caffè ma anche altre bevande e snack.

Un classico esempio di integrazione a valle come ha spiegato anche l’amministratore delegato di Lavazza, Antonio Baravalle, chiarendo quanto sia importante per il produttore di caffè rafforzarsi nei canali di vendita. C’è una strategia industriale e finalizzata a rafforzare il gruppo in un settore molto frammentato e competitivo. La domanda è come mai operazioni di questo tipo avvengano ormai lontane da Borsa italiana, che perde così un altro pezzo. La torinese Lavazza, la cui maggioranza è nelle mani dell’omonima famiglia, fa parte di quei grandi brand italiani, come Ferrero, Armani, Barilla, che hanno sempre scartato l’idea di aprirsi al mercato dei capitali forti anche della propria autonomia finanziaria e raramente è accaduto che acquisissero società già quotate determinandone l’addio alla Borsa. Ma è il segno dei tempi, quello di un listino domestico che diventa meno attrattivo in attesa che il governo Meloni intervenga per rianimarlo come promesso. In che modo? Attraverso la strategia, a cui il Mef starebbe pensando, per spingere, con l’aiuto di Cdp, gli investitori istituzionali italiani a entrare nelle quotate del Ftse Mib. Se non ora quando?

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