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editoriali

I conti che non tornano al governo

Redazione

Bankitalia e Upb abbassano le stime sul pil, ma il vero guaio sono ancora le pensioni 

Le audizioni sul Piano strutturale di bilancio confermano, in linea di massima, le stime del governo. Anche se, come osservano sia la Banca d’Italia sia l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), ci sono possibili “rischi al ribasso”. Il primo dato negativo, ma peraltro noto riguarda la crescita per il 2024 che il governo aveva previsto all’1 per cento – a fino a pochi giorni fa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si dichiarava fiducioso di poter raggiungere – ma che, dopo la recente revisione dei conti trimestrali dell’Istat, “ comporterebbe – dice la Banca d’Italia – una correzione meccanica al ribasso di due decimi” di pil. Quindi 0,8 per cento. Stessa stima da parte dell’Upb, che però precisa che a fronte di un marginale calo del pil reale resterebbe invariata la stima del pil nominale, su cui calcolano deficit e debito. Pertanto “le ripercussioni sulle stime di finanza pubblica potrebbero essere trascurabili, in quanto le previsioni sull’anno in corso dei conti pubblici si basano sui risultati dell’attività di monitoraggio e i cambiamenti nella contabilità nazionale sono modesti e di segno opposto”: da un lato peggiora il pil reale, dall’altro è confermato il pil nominale mentre migliora l’occupazione. “Non vi sono comunque impatti statistici sulle previsioni per i prossimi anni”, è la conclusione. E per i prossimi tre anni, come confermano sia l’Upb sia Bankitalia, il deficit si presenterà più favorevole rispetto al Def di 0,7-0,8 punti di pil in media all’anno, nonostante uno scenario macroeconomico più sfavorevole. Affinché questa crescita si verifichi è fondamentale l’attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal Piano.

Su un punto di merito, la Banca d’Italia solleva un’obiezione su cui dovrebbe riflettere tutto il paese: l’intenzione di rendere strutturale lo sgravio contributivo sul lavoro – prevista dal governo, ma con consensi trasversali – farebbe venire meno l’equilibrio tra entrate contributive e prestazioni pensionistiche che, come ricorda Bankitalia, “caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza”.

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