editoriali
I conti che non tornano dell'Italia
Eurostat rivede le stime di deficit e debito, e l’Italia ha molti primati negativi
Eurostat rivede le stime sul deficit e il debito ed è una mezza buona notizia. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’istituto statistico europeo, a livello dell’eurozona il rapporto tra deficit e Pil nel 2023 è stato del 3,6 per cento (0,1 punti percentuali in più dell’anno precedente) ma il rapporto debito / Pil si è ridotto sia rispetto al 2022 (dall’89,5 all’87,4 per cento) sia rispetto alla stima di aprile 2024 (secondo cui l’asticella si sarebbe attestata all’88,6 per cento).
A livello dell’intera Unione europea il rapporto tra debito e Pil è dell’80,8 per cento. Poiché il debito costituisce uno dei maggiori fattori di rischio futuri, la correzione è un messaggio positivo, specialmente alla luce del rallentamento economico in atto e della fase di debole crescita che abbiamo davanti. Tuttavia, non mancano i motivi di preoccupazione e molti di essi hanno a che fare col nostro paese.
Nel 2023 l’Italia è il paese col deficit più elevato (7,2 per cento, il doppio della media Ue). Nonostante il riallineamento verso il basso del debito (dal 137,3 di aprile al 134,6 per cento di ieri), la situazione delle nostre finanze pubbliche resta pericolosa: l’Italia ha il secondo debito pubblico più grande d’Europa dopo la Grecia, ma Atene sta attuando con determinazione il suo piano di risanamento. Secondo Eurostat, il governo di Kyriakos Miītsotakiīs ha chiuso il 2023 quasi in pareggio, con un deficit di appena l’1,3 per cento del Pil, mentre altri quattro paesi addirittura hanno registrato un attivo di bilancio (Danimarca, Cipro, Irlanda e Portogallo). Se dunque la correzione di Eurostat ci restituisce una fotografia migliore delle attese, non si può non notare che Roma sta seguendo una traiettoria divergente. Il dibattito sulla legge di bilancio dovrebbe essere l’occasione per discutere su come mettere in sicurezza il paese: invece, nonostante lo sforzo di Meloni e Giorgetti di blindare i conti, dentro e fuori la maggioranza si assiste alla consueta gara a chi la spara più grossa (nel senso della richiesta di nuove spese). L’irresponsabilità fiscale è un lusso che non possiamo più permetterci.