editoriali
Italia a rischio stagnazione
Secondo la stima preliminare dell’Istat, nel terzo trimestre del 2024 il pil è rimasto stazionario rispetto al trimestre precedente. L’Italia è fanalino di coda nell’Eurozona. Il governo deve puntare su Pnrr e riforme
Una cosa è certa: nei prossimi mesi la premier Giorgia Meloni non potrà più dire che “l’Italia cresce più di tutti in Europa”, né che “cresce più della media europea” e neppure che “cresce più dei grandi paesi dell’Europa”. Perché, semplicemente, nell’ultimo trimestre l’Italia ha smesso di crescere. Secondo la stima preliminare dell’Istat, nel terzo trimestre del 2024 il pil è rimasto stazionario rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dello 0,4 per cento rispetto al terzo trimestre del 2023. La variazione congiunturale nulla, ovvero la crescita zero del terzo trimestre, è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto del comparto agricolo e dell’industria, a fronte di un incremento nei servizi. Mentre dal lato della domanda, si registra un contributo positivo della componente nazionale e un apporto negativo della componente estera. Con questi dati, l’Italia è fanalino di coda nell’Eurozona che ha un tasso di crescita medio congiunturale dello 0,4 per cento e tendenziale dello 0,9 per cento (l’Italia, come detto, zero congiunturale e 0,4 tendenziale).
Tra i grandi paesi, anche la Germania che è in profonda crisi ha segnato una variazione trimestrale positiva dello 0,2 per cento; la Francia dello 0,4 per cento; la Spagna dello 0,8 per cento. L’Italia si è impallata e non accadeva dal quarto trimestre del 2023, l’ultimo con crescita zero.
Ciò che desta maggiore preoccupazione è la continua performance negativa della manifattura: la produzione industriale è in declino ormai da un paio d’anni, e la crisi dell’automotive è un ulteriore campanello d’allarme. Infine, c’è la ricaduta sui conti pubblici. Al momento, la variazione del pil acquisita per il 2024 è pari allo 0,4 per cento, cosa che rende difficile raggiungere l’obiettivo dell’1 per cento di crescita indicato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Per giunta, l’effetto di trascinamento può peggiorare anche i conti del 2025. Visto che non può agire sulla politica di Bilancio, il governo dovrebbe accelerare sul Pnrr e sulle riforme strutturali per stimolare sia la domanda sia l’offerta.