Editoriali
Il flop del governo sul concordato preventivo
La proposta si basa sull’invito agli autonomi a dichiarare al fisco un pochino di più, in cambio di zero controlli. Il punto è che questo scambio è credibile solo nella misura in cui è valida la minaccia di maggiori controlli
Non si sono manifestati né gli obiettivi del governo né i timori dell’opposizione. Le scarse adesioni al concordato preventivo dimostrano, da un lato, che lo strumento non si è dimostrato efficace per ridurre l’evasione fiscale attraverso un “rapporto collaborativo” con i contribuenti, dall’altro, che non era un “condono” o un regalo agli evasori (altrimenti avrebbero aderito in massa). Adesso il governo sembra intenzionato a riaprire, o comunque a prolungare, il concordato con una nuova “finestra”, perché la maggioranza di centrodestra puntava su queste entrate – evidentemente al di sotto delle aspettative – per poter finanziare il taglio dell’Irpef al ceto medio (riduzione della seconda aliquota dal 35 al 33 per cento e incremento del limite del corrispondente scaglione da 50 a 60 mila euro). Questa ipotesi produce altre due posizioni paradossali: il Pd, che prima presentava il concordato come un colpo di spugna, con Francesco Boccia lo descrive come un “ricatto” nei confronti di “autonomi e partite Iva che non hanno accettato il principio secondo il quale chi non ci sta sarà quasi sicuramente controllato”; mentre il governo allunga le scadenze come se i contribuenti non avessero fatto in tempo, quando invece il problema è che non sa dove andare a prendere i soldi. Alla fine, la misura si è rivelata perlopiù innocua. Ma questa esperienza mostra qual è il limite. La proposta si basa sull’invito agli autonomi a dichiarare al fisco un pochino di più, in cambio di zero controlli. Il punto è che questo scambio è credibile solo nella misura in cui è valida la minaccia di maggiori controlli su chi non raccoglie l’opportunità del concordato. Ma se i contribuenti pensano che gli accertamenti dell’Agenzia delle entrate non ci saranno comunque, è evidente che la convenienza del concordato sparisce. Insomma, è su questo che il patto offerto dal governo è risultato poco credibile: non tanto nella promessa di non fare controlli a chi aderisce, ma nella minaccia di fare controlli su chi sceglie di non aderire.