editoriali
Un nuovo risiko delle banche
Il Mef mette in vendita quote di Mps. Bpm si muove. La sfida del mercato
Banco Bpm muove su Montepaschi. Per quanto l’ad della banca milanese, Giuseppe Castagna, si sia sempre detto disinteressato all’affare senese, negli ultimi tempi qualcosa è cambiato complice le riserve di capitale accumulate con gli extra profitti, che hanno già favorito l’offerta pubblica su Anima Holding. Ieri nella tarda serata Bpm ha annunciato l’acquisizione di una partecipazione del 5 per cento in Mps. Nelle stesse ore il Mef annunciava il collocamento di una nuova tranche di capitale del Monte, prima del 7 per cento poi salita al 15 per cento a causa della forte domanda da parte di investitori. Prematuro dire se l’operazione di Banco Bpm si limita a inserirsi nell’ambito del collocamento del Mef oppure se in prospettiva ci potrebbe essere un’operazione più grossa come una vera e propria aggregazione. Comunque, quella che si sta aprendo è una nuova fase sia per la banca senese sia per quella milanese, lontane geograficamente ma mai state così vicine anche per gli interessi comuni nel settore delle polizze vita.
Quello che potrebbe nascere, infatti, è un grande gruppo italiano di bancassicurazione, profilo favorito dalle normative europee (compromesso danese), ma non è detto che questa sia l’obiettivo finale di Castagna. Intanto, il Mef incassa 1,1 miliardi dalla vendita della terza tranche in Mps portando i proventi complessivi della privatizzazione a 2,7 miliardi circa (esclusi i dividendi). Con quest’ultima operazione lo stato scende all’11,7 per cento del capitale di Siena, percentuale ritenuta più che in linea con gli accordi con l’Europa. “Non abbiamo bisogno di banche di stato”, ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, contraddicendo quello che per un certo periodo è sembrato essere invece l’obiettivo della Lega insieme con l’ambizione di creare un polo bancario pubblico in Italia. A questo punto, è molto probabile che il Mef resti come azionista di minoranza di una banca privata fino a quando la necessità di fare cassa non suggerirà l’uscita definitiva.