Editoriali
La “rivolta sociale” non si ferma mai
La Cgil non firma il protocollo per limitare gli scioperi durante il Giubileo. Una brutta deriva che mette Landini nei panni di agitatore rivoluzionario, mentre la capitale attende un afflusso eccesionale di persone da tutto il mondo
Diversi giorni fa, su questo giornale, Dario Di Vico scriveva che con il richiamo alla “rivolta sociale”, Maurizio Landini “finisce per evocare le parole d’ordine dell’Autonomia dello scorso secolo o quelle dei Cobas di oggi”. Si è passati dalle parole alla pratica. Perché la Cgil si è rifiutata di firmare il protocollo d’intesa sugli scioperi per il Giubileo, unico sindacato confederale insieme alle sigle più estremiste come Cobas e Usb. Il protocollo, firmato ieri presso la Commissione di garanzia sugli scioperi, è il termine di un lungo confronto – facilitato dalla presidente dell’Authority Paola Bellocchi – tra governo, comune di Roma, commissario per il Giubileo, una quindicina di associazioni datoriali e una ventina di sindacati. L’obiettivo è un’assunzione di responsabilità da parte di tutti nella riuscita di un evento internazionale come il Giubileo, che comporterà un afflusso eccezionale di persone da tutto il mondo, in una città come Roma che già è in tempi ordinari è in crisi nella gestione di servizi pubblici essenziali. Il protocollo, pertanto, individua nove “eventi strategici” per la città nel corso dell’anno (ad esempio l’apertura e la chiusura della Porta santa della basilica di San Pietro), attorno ai quali i sindacati si impegnano a non effettuare scioperi nei servizi pubblici (trasporti, sanità, vigili del fuoco, ordine pubblico, etc.). Allo stesso modo, i datori di lavoro si impegnano a non intraprendere azioni unilaterali che possono provocare conflitti sindacali. Insomma, una sorta di “tregua” preventiva nei “giorni santi”, per un obiettivo strategico per il paese, che unisce datori e sindacati, comune di sinistra e governo di destra. Ma non la Cgil di Landini, ormai calatosi nel ruolo di agitatore sociale e sindacalista rivoluzionario, secondo cui non si tratta di un accordo di buon senso bensì di un modo per “neutralizzare, in modalità preventiva, gli spazi del potenziale conflitto”. La rivolta sociale non si ferma, neppure durante il Giubileo. Ormai la Cgil la firma di un qualsiasi accordo è vissuta come intelligenza con il nemico. Una brutta deriva.