editoriali
Se l'Italia rallenta la crescita
L’Ocse rivede le stime e raccomanda di fare di più per la sostenibilità del debito
L’Italia avrà una crescita economica vicina all’1 per cento ma nel 2025 e non nel 2024 come ha previsto il governo Meloni poiché quest’anno, secondo le previsioni dell’Ocse, si dovrà accontentare dello 0,5 per cento, livello peraltro già acquisito dall’Istat sulla base dei dati dei primi nove mesi. Secondo il capo economista dell’Ocse, Alvaro S. Pereira, il nostro paese potrà registrare una crescita più solida nei prossimi anni (più 0,9 per cento il prossimo e più 1,2 per cento nel 2026) grazie al turismo e ad alcuni investimenti legati al Pnrr. Lo sviluppo, inoltre, sarà supportato dal calo dei tassi d’interesse che incentiveranno i consumi. Insomma, si vedono le condizioni per un progresso del pil, sempre che guerre e dazi commerciali non procurino nuovi choc all’economia europea, possibilità ricordata dalla presidente della Bce, Christine Lagarde, nel suo intervento alla Commissione Econ del Parlamento europeo.
Al netto di un deterioramento imprevisto, la nave italiana va, con il suo carico di debito pubblico, che, ha sottolineato l’Ocse, costa allo stato il 4 per cento del pil nel 2025-2026, ragione per cui varrebbe la pena di fare uno sforzo ulteriore per riportarlo su un percorso più prudente. In pratica, vero è che il deficit è destinato a ridursi nell’ambito del piano fiscale messo a punto da Palazzo Chigi, scendendo al di sotto del 3 per cento entro il 2026, ma il rapporto tra debito pubblico e pil continuerà ad aumentare rispetto ai livelli già elevati e così sarà necessario un avanzo primario più ampio nel medio termine per rendere il debito stesso sostenibile.
Come bisognerebbe agire? Attuando le riforme strutturali e avendo più coraggio nel compensare i tagli di tasse preventivati con l’aumento delle imposte sulla proprietà, con i tagli alla spesa pubblica e il contrasto all’evasione fiscale. Ma più di tutti bisognerebbe controbilanciare l’aumento della spesa per le pensioni risolvendo il problema della carenza dei lavoratori anche attraverso una maggiore occupazione femminile.