Editoriali
Cattive notizie sulla crescita italiana. Dopo l'Ocse, anche l'Istat abbassa le previsioni
Sono due le istituzioni a confermare che l’obiettivo che si è dato il governo Meloni di una crescita dell’1 per cento per quest’anno è ormai irraggiungibile. E il contributo che il Pnrr sta dando allo sviluppo del pil dell'Italia è molto basso
L’Istat vede una crescita dell’economia italiana allineata alle previsioni dell’Ocse per il 2024 (più 0,5 per cento) e addirittura inferiore per il 2025 (più 0,8 per cento) rispetto a quella stimata dall’Organizzazione economica (più 0,9 per cento). Ma tant’è e sono due le istituzioni a confermare che l’obiettivo che si è dato il governo Meloni di una crescita dell’1 per cento per quest’anno è ormai irraggiungibile. Per quale ragione? L’aspetto più sorprendente delle prospettive dell’Istat per il 2024-2025 pubblicate ieri è lo scarso contributo che il Pnrr sta dando allo sviluppo del pil dell’Italia. Anzi, per l’anno in corso, spiega l’Istat, la crescita è trainata esclusivamente dalla domanda estera (più 0,7 per cento) perché quella interna è negativa (meno 0,2 per cento).
Inoltre, gli investimenti fissi lordi risultano in debole aumento (più 0,4 per cento dal più 8,7 per cento del 2023) a causa del venir meno degli incentivi fiscali all’edilizia. E l’effetto della fine degli stimoli fiscali è previsto essere ancora più ampio nel 2025 quando, nonostante la spinta positiva derivante dall’attuazione delle misure previste dal Pnrr e dalla riduzione dei tassi d’interesse, il tasso di crescita degli investimenti risulterebbe pari a zero. In altre parole, la spinta alla crescita dell’Italia impressa dal Piano europeo non riesce a controbilanciare la decrescita che si è innescata staccando la spina al settore delle costruzioni. L’anomalia è rappresentata dal fatto che l’occupazione misurata in termini di unità di lavoro risultata superiore (1,2 per cento) al pil di quest’anno (0,5) mentre tenderà ad allinearsi il prossimo. Nel 2025 il pil del paese correrà un po’ di più grazie alla domanda interna (contrariamente a quanto avviene quest’anno) e alla discesa dei tassi che incentiverà i consumi delle famiglie. In tutto questo, la crescita seppur moderata degli investimenti fissi dell’Italia si può considerare un dato positivo rispetto a Francia a Germania dove sono in forte calo sia nell’industria che nelle costruzioni, mentre la Spagna spicca per essere in netta controtendenza.