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Editoriali

Le mosse di Orcel e l'altra partita in ballo nel risiko su Banco Bpm: i confini dello stato

Redazione

Non importa se il governo italiano sia favorevole o no: a decidere del futuro delle banche saranno soprattutto gli azionisti di Bpm

Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, insiste nel dichiarare la sua contrarietà all’operazione Unicredit-Banco Bpm. Salvini ha: smentito il ministro Antonio Tajani, secondo il quale il Golden Power non può essere usato, dicendo che a decidere sarà il capo del Mef, Giancarlo Giorgetti; sfidato chiunque a dimostrare che Unicredit sia davvero una banca italiana asserendo che non basta avere la sede nel nostro paese se poi l’azionariato è in maggioranza estero; previsto che ci saranno migliaia di licenziamenti e di sportelli chiusi se la banca guidata da Andrea Orcel aggrega l’istituto milanese. Tutto questo, ancora, nel silenzio più totale della Consob che avrebbe il potere di richiamare a maggior prudenza nelle dichiarazioni i membri di un governo che non è in alcun modo coinvolto né con Unicredit né con Bpm, cioè con le parti in causa, ma è azionista di minoranza di un’altra banca (Mps) che vorrebbe come pilastro di un disegno alternativo (il terzo polo).

 

Ma ormai lo scontro tra potere finanziario e potere politico è all’ordine del giorno nel risiko bancario europeo e in Italia poi è favorito, come ha fatto notare S&P in una ricerca, da azionariati delle banche particolarmente complessi. Intanto, il mercato fa il suo corso. Da un meeting che Orcel ha tenuto con la banca d’affari BofA, sarebbe emersa la disponibilità di Unicredit a migliorare l’offerta su Bpm con una quota in contanti la cui entità, comunque, verrebbe decisa solo a febbraio 2025, cioè quando saranno noti i risultati 2024 dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna e quando sarà anche più chiaro quale potrà essere l’esito dell’Opa lanciata da quest’ultimo sulla società del risparmio gestito Anima. Alla fine, che piaccia o no alla politica, a decidere saranno soprattutto gli azionisti di Bpm, con i quali l’ad di Unicredit ha avviato un confronto diretto, come con Crédit Agricole (primo socio con il 9,2 per cento) di cui incontrerà i vertici a Parigi nei giorni prima di Natale. Alla fine sarà molto una questione di prezzo.

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