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Foto ANSA
Editoriali
Ilva, le chiacchiere stanno azero
Due rilanci: Jindal vs Baku (con gli azeri in vantaggio). Ora la decisione spetta ai commissari straordinari, ma dai piani occupazionali proposti restano fuori 1.700 attuali cassintegrati, senza certezze sul loro futuro
Ilva perde 3 milioni al giorno. Nell’ultimo anno ha ottenuto dal governo 420 milioni di prestito ponte e 600 milioni sottratti dal “patrimonio destinato” sequestrato ai Riva. Dal 2012, anno del sequestro preventivo degli impianti, a oggi lo stato ci ha messo 2,7 miliardi. Per questo Ilva va venduta al più presto. La cifra posta a base di gara dai commissari era di un 1,5 miliardi, meno della metà di quanto fissò l’allora ministro Calenda quando a vincere fu ArcelorMittal con 4 miliardi. Ma le offerte arrivate sono molto lontane da quella cifra. Due sono le offerte i campo: Baku Steel Company con Azerbaijan Investment Company (controllata del governo azero) e Jindal Steel International (sorella della Jindal che ha preso Piombino, bloccandone il rilancio). Ora la decisione spetta ai commissari straordinari, che entro marzo trasmetteranno il loro parere al ministro Urso. Il quale vorrebbe chiudere la vendita entro giugno, ma all’accordo industriale deve seguire quello sindacale. A differenza della gara guidata da Calenda, oggi di ufficiale non si sa nulla.
Solo notizie di corridoio, che vedono Baku Steel favorita. L’offerta azera sarebbe passata da 450 milioni a 1 miliardo di euro mentre quella di Jindal pare sia salita da 80 a circa 200 milioni. Gli azeri avrebbero però messo a garanzia dell’operazione un’extra intesa sul gas: prezzi calmierati e una nave rigassificatrice nel porto di Taranto. Sul piano occupazionale manterrebbe 8 mila dipendenti per due anni, mentre Jindal poco più di 6 mila. Restano fuori i 1.700 attuali cassintegrati sotto Ilva in amministrazione straordinaria e non si sa se il governo abbia intenzione di mantenerli in Cigs fino alla pensione. Oggi è fissato un incontro al ministero del Lavoro per l’ennesima proroga di Cigs per 2.995 dipendenti, mentre l’Europa ha destinato 700 milioni a Taranto attraverso il Just Transition Fund solo per la rioccupazione degli esuberi della decarbonizzaizone. Ma governo, regione e comune li stanno sprecando per le ennesime mancette tra corsi di formazione e piantumazione di alberelli.
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