
(foto Ansa)
editoriali
Cosa si nasconde dietro i dati su pil e occupazione dell'Italia
Mercato del lavoro a livelli record (più 145 mila unità), ma crescita zero. I problemi di produttività
Mentre tanti si aspettavano un indebolimento del mercato del lavoro dopo due trimestri di crescita zero, gennaio ha segnato un altro mese record per l’occupazione. Secondo l’Istat il primo mese dell’anno, rispetto all’ultimo dell’anno precedente, ha registrato un aumento degli occupati (+145 mila unità) associato a una diminuzione dei disoccupati (-9 mila) e degli inattivi (-146 mila). Il tasso di occupazione sale così al 62,8 per cento, il livello più alto dall’inizio delle serie storiche, mentre il tasso di disoccupazione diminuisce al 6,3 per cento e il tasso di inattività scende sotto il 33 per cento. Il numero complessivo di occupati sale così a 24 milioni e 222 mila persone, ma a colpire non è solo il livello record, ma il miglioramento qualitativo della composizione degli occupati. I dipendenti permanenti, infatti, salgono a circa 16,5 milioni, in aumento di 700 mila unità nell’ultimo anno. I dipendenti a termine, invece, scendono a 2,66 milioni, in calo di 230 mila unità nell’ultimo anno, portando la quota di lavoratori a termine sul totale attorno al 10 per cento (gli autonomi sono in leggero aumento). Ciò vuol dire che nell’ultimo anno, oltre a un incremento di circa mezzo milione di occupati, c’è stata una grande “stabilizzazione” dei lavoratori con sempre meno “precari”.
Insomma, la realtà non è esattamente il contesto ideale per il referendum indetto dalla Cgil e sostenuto dal Pd contro il Jobs Act e la precarietà. Un aspetto di riflessione, però, è l’andamento divergente tra occupati e pil. E’ difficile comprendere come il mercato del lavoro possa continuare a crescere in maniera così robusta con un’economia stagnante. Da luglio in poi, nel periodo in cui il pil ha registrato crescita zero, gli occupati sono aumentati di 200 mila unità. La spiegazione immediata è di una forte riduzione della produttività (lavorano più persone, ma producono meno). L’altra ipotesi è di una sottostima della crescita, ma per avere i dati definitivi sul pil 2024 bisognerà attendere la revisione dei conti economici nazionali che l’Istat pubblicherà a settembre.

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