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Editoriali

Finanziare i dazi di Trump anche no, grazie

Redazione

Le imprese chiedono supporto finanziario. Ma è necessario trovare strumenti adeguati, perché compensare gli sconti fatti dalle imprese per mantenere gli stessi volumi di export sarebbe un profondo errore politico

Dopo l’ennesima giravolta di Donald Trump, che ha ridotto temporaneamente, per 90 giorni, al 10 per cento i dazi aggiuntivi decisi lo scorso 2 aprile (per l’Unione europea il 20 per cento), tutta l’attenzione è rivolta al viaggio del 17 aprile a Washington di Giorgia Meloni. E’ chiaro che in questa fase tutto è in discussione, ci sarà molto da negoziare, per conto dell’Italia in Europa e per conto dell’Europa con gli Stati Uniti. Anche sui controdazi europei ci sarà un’ulteriore riflessione, dato che la strategia della Commissione Ue è sempre stata quella della de-escalation. Ma mentre il confronto internazionale su dazi e controdazi va avanti, all’interno dei confini nazionali il governo e la politica devono pensare alla risposta da dare a sostegno del sistema produttivo colpito dalla stretta protezionista. Le richieste delle imprese sono, ovviamente, quelle di un supporto finanziario, magari prendendo le risorse del Pnrr e di programmi che non hanno funzionato come Transizione 5.0 per sostenere l’export, in modo da non perdere né quote di mercato né margini. Gli strumenti allo studio sono, ad esempio, crediti d’imposta per compensare gli sconti fatti dalle imprese per mantenere gli stessi volumi di export. Sarebbe un profondo errore politico. Non sarebbe una risposta ai dazi di Trump, ma un incentivo alla sua politica protezionista contro l’Europa. In pratica, il governo italiano andrebbe a finanziare le tariffe di Trump con una sorta di sussidio all’export. In questo modo, il costo dei dazi non ricadrebbe sui consumatori americani ma sui contribuenti europei. Peggio. Se, come ha promesso, Trump userà il gettito derivante dalle nuove barriere tariffarie per ridurre la pressione fiscale, finirà che i cittadini europei si troveranno a finanziare il taglio delle tasse dei cittadini americani, con i soldi del Pnrr che sarebbero dovuti servire a trasformare il sistema produttivo europeo e produrre crescita economica. Sarebbe l’equivalente economico del bacio sul fondoschiena evocato da Trump.

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