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Editoriali

Balle sulla sanità

Redazione

Nonostante la crescita della spesa sanitaria, un quarto dei fondi per ridurre le liste d'attesa non è stato utilizzato, con inefficienze soprattutto nelle regioni meridionali. La priorità dovrebbe essere migliorare l'organizzazione e l'efficienza nell'uso delle risorse

Peggioreranno le liste d’attesa in sanità e taglieranno la spesa per investire in armi. Da settimane si sente questo leitmotiv dalle piazze per la pace ai microfoni di alcuni parlamentari dell’opposizione. Ma stanno davvero così le cose? Al momento non è previsto alcun taglio alla sanità. A confermarlo è il Documento di finanza pubblica varato da Palazzo Chigi che vede la spesa sanitaria crescere dai 138,3 miliardi di euro del 2024 ai 151,6 miliardi nel 2027, con una proiezione in aumento anche per il 2028. E’ vero, la spesa in rapporto al pil resterà ferma al 6,4 per cento, ma basta questo per parlare di peggioramento delle liste d’attesa? Forse sarebbe il caso prima di concentrarsi su altro, a cominciare da quante delle risorse stanziate a tal fine sono effettivamente state spese. Ebbene, al 31 dicembre 2024, un quarto dei fondi totali assegnati alle regioni per il recupero delle liste di attesa non è stato utilizzato.

Su un finanziamento totale di 1,3 miliardi di euro per il triennio 2022-24 da parte del ministero della Salute per il recupero delle liste, infatti, le regioni non hanno utilizzato – o hanno accantonato – una cifra pari a oltre 300 mila euro. E, per paradosso, le amministrazioni più indietro nella spesa sono proprio quelle meridionali più in difficoltà nel recupero delle visite e degli esami diagnostici. Il rischio concreto è quello di ampliare ulteriormente le disuguaglianze territoriali nell’accesso ai servizi sanitari, proprio mentre l’obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei provvedimenti emergenziali post-Covid dovrebbe essere quello opposto: ridurre i divari e potenziare il sistema pubblico. Inoltre, questi dati dimostrano che la disponibilità finanziaria, da sola, non basta: servono capacità organizzative, programmazione efficiente e un forte impegno politico a tutti i livelli. Lo scontro tra ministero della Salute e Conferenza delle regioni che si protrae ormai da sette mesi non aiuta. Quindi, prima di lanciare allarmi sulla corsa al riarmo, sarebbe forse più urgente concentrarsi nel recupero del tempo e dei fondi perduti.

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