Le forze di polizia intervenute lunedì agli Champs-Elysées (foto LaPresse)

Il fumo arancione sui Campi Elisi

Redazione

Attacco sventato a Parigi. La missione (europea) di antiterrorismo di Macron

Una Renault Mégane bianca piombata su una camionetta della gendarmeria francese sugli Champs-Elysées lunedì pomeriggio ha rovinato la festa elettorale della Francia che ha scelto di mettersi in marcia con il suo presidente Emmanuel Macron. L’auto era piena di esplosivi e di armi, bombole di gas e kalashnikov (il fumo dopo l’impatto era di colore arancione: ancora non si sa a causa di quale sostanza) l’attentatore, che è morto, pare fosse – secondo il Monde – uno degli schedati delle “fiches S”, che registrano i più pericolosi tra i probabili terroristi sotto il controllo delle forze di sicurezza e dell’intelligence. Sempre secondo il Monde, l’autore, classe 1985, sarebbe nato in Francia: è il profilo del “terrorista interno”.

  

L’attacco è stato sventato, il neoministro dell’Interno Gérard Collomb ha detto subito che si trattava di un “attentato terroristico”, e che ancora una volta l’obiettivo erano le forze di sicurezza, come già accadde sempre sulla stessa, celebre via alla vigilia del secondo turno delle presidenziali (fu ucciso un poliziotto, al funerale il suo fidanzato fece un discorso contro l’odio che fa piangere ogni volta che lo si rivede, lo Stato islamico aveva rivendicato subito). La minaccia è alta, ha ribadito Collomb, che soltanto una decina di giorni fa, il 6 giugno, aveva già preso atto dell’emergenza quando “un soldato del califfo” aveva attaccato un poliziotto a Notre-Dame. Nei suoi primi giorni di mandato, Macron aveva annunciato che lo stato d’emergenza sarebbe diventato di fatto permanente, mentre i servizi sono in corso di riforma, con la creazione di un’unita antiterrorismo che dipende direttamente dall’Eliseo. Negli incontri internazionali, il presidente francese ha spesso parlato della necessità di una collaborazione più intensa e più efficace di tutti gli europei per contrastare una minaccia che è sempre più alta e “a buon mercato”: auto, camion, pugnali, i soldati del Califfo non sono solitari e non sono sofisticati. E ora che Macron compare sulle copertine dei giornali – vedi l’Economist – come “il salvatore”, la sua missione antiterrorismo deve diventare più fattiva, ché sulla collaborazione gli europei hanno spesso avuto divergenze pericolose.

 

 

Il momento per il presidente francese è quello giusto. Il suo è il primo partito all’Assemblea nazionale, e anche se l’affluenza è stata bassa e i seggi vinti sono inferiori a quelli previsti (ma alla viglia le cifre erano bulgare), questa è l’occasione che Macron andava cercando per forgiare la nuova Francia liberale, europeista, sicura che ha promesso in campagna elettorale. Richard Ferrand, il ministro con qualche scheletro nell’armadio che ha creato grattacapi sulla moralizzazione della vita politica, lunedì si è dimesso (guiderà la République en Marche in Parlamento) e così anche questo primo neo è stato rimosso. Alcuni commentatori sono molto severi, ora Macron deve mostrare che il consenso è reale, dicono: in realtà che il consenso sia reale lo mostrano i voti contati, ma come dice Macron il voto più importante sarà tra cinque anni, se la luna di miele di oggi si sarà trasformata in quotidianità rassicurante.

Di più su questi argomenti: